La casa di Antonia Klugmann. Intervista alla chef

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Il nuovo consumatore ricerca proposte che parlino di competenze di sperimentazione e condivisione. Scopriamo come in questo dialogo con Antonia Klugmann, chef e proprietaria del ristorante L’Argine a Vencò

Iniziamo parlando di te. Di cosa sei alla ricerca nella tua professione?

Sono alla ricerca della felicità come chiunque e credo che la felicità sia non uno stato immobile o conclusivo né un regalo che cade dal cielo, ma il risultato di una ricerca continua e costante che passa attraverso la conoscenza di sé. Il mio lavoro mi definisce come persona: sono prima di tutto una cuoca. La mia professione è il mezzo che ho scelto per esprimere la mia creatività.

Nel settore del food e della cucina di oggi, cosa ti colpisce di più, in positivo e in negativo?

Credo che il fine dining abbia una responsabilità forte nel condizionare i desideri e l’immaginario delle persone. Sempre di più, grazie alle tecnologie che rendono ogni comunicazione più diretta e veloce. Spesso, però, ho la sensazione che non si riesca veramente raccontare la complessità e la profondità del nostro lavoro. Proprio a causa di questa velocità, infatti, la comunicazione diviene superficiale.

Quali sono gli “ingredienti” che rendono la tua cucina la “tua” cucina?

Mi innamoro ripetutamente e periodicamente di tutti gli ingredienti. Attraverso l’ascolto di noi stessi e al contempo lo studio continuo e l’approfondimento tecnico noi cuochi sviluppiamo la nostra cucina con sincerità.

Pensando alla tua abitazione, qual è la tua stanza preferita e perché?

Passo veramente poco tempo a casa. Trascorro la maggior parte del mio tempo al ristorante. A Vencò c’è un mulino del ‘600 adiacente il ristorante. Mia madre ha ristrutturato una camera al piano terra. Qui ho una “stanza tutta per me” dove raccogliere i pensieri in solitudine. Per poter essere creativi, infatti, è indispensabile avere un luogo in cui fare silenzio intorno a sé.

C’è differenza tra la cucina del tuo ristorante e quella della tua abitazione?

Una cucina casalinga non può essere paragonata a una professionale. Gli strumenti a disposizione sono completamente diversi. Non cucino praticamente mai a casa per mancanza di tempo, non perché io non voglia. Consumo i pasti con il mio staff in ristorante. Recentemente ho cucinato per la mia famiglia durante qualche giorno di vacanza che abbiamo trascorso insieme in montagna. La prima volta dopo anni.

Che relazione hai con gli strumenti che adoperi per cucinare?

Ho acquistato alcune delle pentole che utilizzo tutti i giorni in ristorante 15 anni fa. Ho una passione per le pentole di alluminio e per i vecchi strumenti di cucina, ma non li colleziono per lasciarli in bella mostra, diventano parte integrante della mia cucina.

Cosa vorresti rappresentassero i vari elementi dell’apparecchiatura per i commensali?

Credo nella semplicità della mise en place e nei colori neutri. Abbiamo scelto il verde come punto di colore per la sala che ha delle grandi vetrate che si affacciano sul nostro giardino e mettono in comunicazione l’interno e l’esterno.

Cosa significa oggi “innovazione” in cucina?

Per ciascun cuoco l’innovazione può avere una connotazione diversa e molto personale. Per me è rappresentare il proprio singolo viaggio proiettato in avanti della vita. Attraverso la ricerca, pochissimi tra noi riescono effettivamente a modificare i meccanismi tradizionali e innovarli portandoli nel futuro.

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