Per farci un’idea su come gli spazi negozio evolveranno in futuro e saranno in grado di offrire al cliente una “shopping experience” soddisfacente abbiamo incontrato architetti e designer abituati a confrontarsi con queste problematiche.
Dall’intervista con Stefano Adriani dello studio Adriani&Rossi per il negozio che verrà emerge la definizione: “Un’immagine, mille parole”.
Oggi si ha la tendenza a credere che gli oggetti e i mobili si assomiglino tutti. Io invece penso che siano i negozi ad esporli tutti nello stesso modo. Per questo motivo ritengo che i punti vendita del futuro dovranno dotarsi di sistemi visivi e di comunicazione come quelli già presenti in altri settori più evoluti, penso ad esempio all’universo della telefonia e dell’automotive. In molti negozi, ad esempio, ancor oggi non è presente un avviso che indichi il lancio di un nuovo prodotto o la proposta di un nuovo stile.
L’emergenza Covid ci ha ricordato il valore del rapporto umano, quanto sia importante poter mostrare i prodotti in uno spazio fisico, permettendo al cliente di spostarsi liberamente all’interno del negozio e di apprezzarne finiture e materiali. Poiché il consumatore quando entra in un punto vendita è alla costante ricerca di novità e di un’esperienza particolare – nella quale l’acquisto non sempre gioca un ruolo fondamentale -, direi che per il progettista è importante riuscire a dare una giusta scenografia alle proprie idee, magari creando una giusta sinergia con il negoziante. “Un’immagine, mille parole”: è un detto cinese che condivido pienamente.
Oggi nell’ambito commerciale si parla molto dell’importanza dello storytelling, della capacità cioè di costruire intorno all’oggetto una storia. Io penso invece che un’immagine, se ben costruita dal progettista, sia sufficiente a trasmettere determinati valori di uno spazio e ad attivare la fantasia del cliente. Lo spazio commerciale ha bisogno di cura e di attenzione, va ben organizzato, soprattutto oggi in cui l’e-commerce è divenuto un concorrente sempre più agguerrito del negozio tradizionale.
È inevitabile quindi che quei negozianti che si limiteranno ad accatastare nel loro spazio oggetti senza alcun criterio espositivo (penso in particolare al settore del mobile), saranno destinati a soccombere di fronte alla forza dell’acquisto digitale. Oggi a proposito del retail del futuro si parla molto di omnicanalità, ma andando forse un po’ controcorrente ritengo che sia ancora prematuro farlo. O meglio penso che oggi solo la grande distribuzione sia preparata.
Diverso è il discorso per i negozi indipendenti che pur trovando sinergie con partner esterni, ragionando in termini di omnicanalità, rischierebbero di non riuscire più a concentrarsi su ciò che sanno fare meglio. Sempre a proposito di prospettive future penso che i negozi saranno di due tipi: quelli specializzati e di concept distributivi delle varie aziende e i negozi di progetto. La sfida del progettista sarà quella di creare un’identità forte e precisa in ogni punto vendita.