Abbiamo parlato con Fabio Daglio, architetto, docente del Poli.design, designer e showroom manager LondonArt Wallpaper, della funzione fondamentale del punto vendita nel raccontare la sostenibilità . La ricerca, l’innovazione, la progettualità che sottostanno ai percorsi green dei prodotti necessitano di essere comunicati e condivisi e lo store diventa il media privilegiato-
La sostenibilità si basa su un rapporto di fiducia fra consumatore e produttore. Deve perciò essere raccontata. Il punto vendita è il luogo privilegiato per trasmettere questo racconto?
Il punto vendita è la materializzazione del sentimento che sta alla base del messaggio che si vuole trasmettere, il luogo in cui si narra un racconto. È importante innanzitutto sottolineare il potere di un terzo attore, che si posiziona esattamente tra il produttore e il consumatore: chi trasmette il messaggio e il conseguente modo in cui decide di trasmetterlo, raccontarlo.
Per gestire al meglio questo tipo di potere è necessario avere la lungimiranza di interpretare correttamente i bisogni del consumatore ma dall’altro lato farsi carico della responsabilità di far emergere e valorizzare i principi del produttore.
C’è da chiedersi quanto la narrazione debba essere coinvolgente attingendo alle sovrastrutture tipiche delle strategie di marketing e quanto debba essere “solo” veritiera. Partirei da una riflessione che si sofferma su come oggi il consumatore non sia più un semplice spettatore, un soggetto passivo che assorbe tutto ciò che gli si presenta. Al contrario, grazie ad una serie di strumenti multicanale è un soggetto attivo in grado di filtrare le informazioni e rielaborarle con spirito critico. Questo processo lo porta a scelte più ponderate e consapevoli. Non sono sufficienti quindi aridi slogan e immagini semplicemente eye-catching se prive di un significato più intimo.
La partita si gioca a mio avviso sul terreno di gioco del consumatore, ma con quali regole?La narrazione che ha luogo nel punto vendita deve essere capace di emozionare lo spettatore facendo leva sui sentimenti che lo legano, ad esempio, al cibo, inteso non solo come elemento naturale e fondamentale per la sopravvivenza (in buona salute) ma anche come un piacere dei sensi che è in grado di stimolare. Se lo spettatore viene stimolato attraverso un racconto, all’interno del quale vengono implementati i principi cardine di sostenibilità, ecco che il produttore entra in gioco da protagonista elevandosi a garante di una qualità che noi tutti, chi in modo più esplicito chi inconsciamente, ricerchiamo. Il punto vendita assume tanto più potere persuasivo quanto più alti e condivisi sono i valori che ne determinano la pianificazione.
In che modo lo spazio di vendita può declinare e valorizzare i percorsi di sostenibilità dei prodotti?
Il linguaggio con il quale un racconto viene narrato ha la grande responsabilità di trasmetterne i principi. Essendo (fortunatamente) gli spettatori eterogenei non si può avere la presunzione che il messaggio raggiunga il 100% dell’obiettivo nella totalità degli stessi con la medesima incisività. Il racconto, declinato poi in molteplici scelte stilistiche, che sono poi anche figlie del tempo, delle normative e delle tecnologie presenti, per essere sostenibile in termini, potrebbe essere impostato su tre funzioni auspicabili: Funzione valorizzante (passato) La prima funzione alla quale dovrebbe tendere è impostata su una narrazione del saper fare, del rispetto del lavoro manuale, della cura con la quale il prodotto viene pensato fin dal principio della filiera.
Il produttore deve essere valorizzato. Funzione narrativa (presente) La seconda funzione è collocata tra il sapere, dato e attuato, e le sfide future. Una sorta di presa di coscienza dello stato dell’arte. Funzione educativa (futuro) La terza funzione deve assolutamente essere educativa con una proiezione di proattività che guardi al futuro. Il racconto deve sì narrare ma anche tracciare possibili scenari, lasciando un buon margine di libertà d’azione intellettuale e libero pensiero.
Cosa vuol dire per uno spazio di vendita diventare attore di questo racconto della sostenibilità? Come si può esprimere chiaramente a livello di selezione degli assortimenti, di stile, di layout, di visual di integrazione fra online e on-site?
Lo spazio vendita è di per sé un contenitore. Diventa vero attore protagonista di questo racconto quando al suo interno si materializza il sentimento e tutto ciò che si vuole trasmettere viene tradotto in oggetti, materiali, finiture; in una parola, esperienza. Vediamo ciò che è materiale e soprattutto desideriamo ciò che vediamo. Quindi desideriamo ciò che è materiale.
La sfida è fare in modo che il materiale trasmetta il pensiero nobile che ha dato origine a quello che vediamo. Alla base di un vero progetto sostenibile c’è quindi un pensiero sostenibile. Tutto ciò deve essere trasportato nella contemporaneità e soprattutto deve avere la possibilità di essere percepito in modo multidirezionale dalle pluri-piattaforme che si hanno a disposizione, le quali è fondamentale che siano in sinergia e si completino. Gli spazi retail, nell’Interior Design in primis ma nella GDO e nel comparto food in genere, si sono trasformati in luoghi dove la clientela non solo può acquistare un prodotto, ma vivere esperienze ed emozioni uniche e originali. Ambienti realizzati con tecnologie che permettano e facilitino il racconto, con però a corredo dettagli esclusivi, materiali ricercati ed una tecnologia al servizio dello story-telling.
In questi ambienti le strategie di vendita sono messe in scena per attrarre e riscoprire il valore dell’esperienza e della presenza fisica, in “sinergia” e non in contrasto con l’e-commerce. Ne è un esempio su tutti, Tuttigiorni che da Cagliari ha proiettato il territorio, il local in un doppio universo, tra digitale e reale permettendo sia a produttori locali che a consumatori sparsi nell’isola di ritrovarsi su una innovativa piattaforma “social e-commerce”. Una community ricca di possibilità ed esperienze gastronomiche e di relazioni e soprattutto interazioni, tra consumatori ma anche tra consumatori e punto vendita e tra consumatori e professionisti del settore, compresi nutrizionisti al servizio della comunità.
“Le persone non comprano prodotti e servizi, ma relazioni, storie e magia” Seth Godin. Proprio per questo le storie devono fondarsi su racconti dai contenuti nobili e ricordiamoci che il risultato è sempre frutto di una scelta che sta a monte. Nonostante la tecnologia negli ultimi anni abbia permesso un vertiginoso aumento delle vendite online, si ha ancora bisogno di spazi fisici, oggi più che mai. L’offline vive e gioca un ruolo fondamentale.
“Vedere è credere, bisogna fare in modo che per prima cosa le persone provino il prodotto” Lei Jun, Xiaomi.
L’importanza delle interazioni in uno spazio fisico permette inoltre di analizzare i comportamenti del consumatore. Questi feedback dovrebbero essere rielaborati ed utilizzati per andare ad agire dove vengono riscontrati comportamenti poco virtuosi in modo da sensibilizzare l’utente verso alcune tematiche. D’altra parte, un comportamento già virtuoso di per sé, venendo tracciato, potrebbe essere premiato attraverso bonus o agevolazioni. Senza scomodare esempi dei più noti big player (vedi Amazon Go, WallMart), sinonimo di innovazione di nicchia sono i casi come LIFVS, startup svedese che gestisce mini negozi alimentari, in zone rurali. Qui tutta l’esperienza d’acquisto dell’utente finale avviene in completa autonomia grazie alla scansione dei prodotti. Tutto ciò può, da un lato ottimizzare le “ricariche” di prodotti in store limitando al minimo gli avanzi di magazzino, in perfetta sintonia col Zero Waste e dall’altro fornire dati importanti dati sulle abitudini dei clienti.
Altro caso interessante è quello di Artisti del Vegetariano dove si è riusciti a creare una multicanalità partendo da un semplice mercato ortofrutta di Padova per proporre poi un’offerta variegata di abbinamenti, ricette, piatti venduti in store. Il tutto corredato da un’offerta 100% green, dalla logistica al packaging, trasmettendo a pieno l’identità dell’essere sostenibile con stile, intercettando un’offerta gastronomica tipica del fast food ma in versione salutare, non solo negli ingredienti utilizzati. Una sostenibilità che parte dal produttore per riflettersi sul consumatore.
CHI E’
Fabio Daglio, architetto con un master in interior design ha lavorato in diversi studi di architettura occupandosi di progetti, dal concept all’esecutivo fra cui Studio Bellodias. Dal 2021 ricopre il ruolo di showroom manager per Londonart Wallpaper. Gestisce progetti di interior design, dal residenziale al retail, dall’ospitalità all’allestimento, dalla fase di concept alla consegna. Svolge inoltre attività didattica in campo tecnico e in campo design degli interni al Politecnico di Milano-Dipartimento del Design. È consulente di POLI.design, principalmente in retail ed exhibition design. Come consulente e docente POLI.design tiene masterclass su vari temi di interior design e retail design e prende parte come giuria in occasione di eventi e concorsi di interior e food design.