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Posate a tavola | Il linguaggio segreto delle posate

La parola è il mezzo più diretto e semplice per comunicare. Eppure esistono altri modi non verbali che ci consentono di entrare efficacemente in contatto con gli altri. Pensiamo ad esempio a quando con determinate espressioni del viso, sguardi o gesti siamo in grado, senza proferir parola, di comunicare i nostri pensieri e le nostre emozioni ad altre persone. Qualcosa di simile avviene anche nel mondo della tavola dove deleghiamo alle posate la possibilità di esprimere la nostra volontà. Detto in altri termini, lasciamo che le posate parlino per noi.

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Il linguaggio delle posate

Come sappiamo, le posate sono diverse e ognuna di esse non solo ha uno scopo preciso, ma la loro presenza sulla tavola da subito ci fornisce informazioni su come sarà strutturato il pasto. In altri termini, osservando l’apparecchiatura sarà subito evidente quali saranno le portate servite, ad esempio se ci sarà o meno un piatto di pesce oppure una zuppa. Così, ogni ospite saprà subito quale posata utilizzare per ogni portata.
Il linguaggio delle posate ha un’origine e una causa antichi. In passato, infatti, soprattutto nelle occasioni più formali non era considerato elegante rivolgere la parola a maggiordomi e camerieri durante il pasto. Per questo motivo è nato un semplice linguaggio per fornire indicazioni operative al personale, attraverso la posizione delle posate in pausa, durante e a fine pasto. Ma prima di iniziare la disamina del codice segreto delle posate è bene sottolineare che durante e dopo l’uso, le posate non devono mai toccare la tovaglia.

Le varie posizioni durante i primi piatti

Illustrazione di Sambonet

Se durante la consumazione del primo piatto si desidera fare una pausa, ad esempio per bere o servirsi dal piatto di portata, bisogna posizionare la posata orizzontalmente. Nel caso, invece, si abbia terminato il primo, la regola vuole che la posata venga posizionata verticalmente o, in alternativa, verticalmente a 45°. Durante il pasto (soprattutto se composto da varie portate), capita che ci si debba prendere una breve pausa anche se non si è ancora finito di consumare la portata. Così, per non correre il rischio che il piatto venga portato via nonostante si desideri finirlo, è necessario posizionare il cucchiaio o la forchetta alle ore 15. Quando si ha finito di mangiare e si vuole comunicare che il piatto può essere portato via, sono due le opportunità che ci vengono offerte, una derivante dallo stile inglese e l’altra invece da quello francese. Secondo lo stile inglese, il cucchiaio o la forchetta vanno appoggiati con il manico sul piatto come se fossero lancette dell’orologio e segnassero le ore 18:30.
Anche secondo lo stile francese, quando si ha finito di mangiare, il cucchiaio o la forchetta devono essere appoggiati con il manico sul piatto ma posizionati invece come se fossero una lancetta dell’orologio che segna le ore 16:20.

Le regole per il secondo e le altre portate

Se si stanno utilizzando forchetta e coltello, e si ha la necessità di prendersi un momento di pausa, si può comunicarlo posizionando la forchetta a sinistra alle ore 20 con i rebbi verso il basso ed il coltello simmetricamente opposto alle ore 16, con la lama rivolta verso l’interno. Se si vuole invece far sapere al cameriere che si ha finito di consumare la portata nel piatto, come in precedenza abbiamo due alternative dettate dalle differenze tra lo stile inglese e quello francese. Nel primo caso, se si stanno utilizzando due posate, come forchetta e coltello, queste vanno posizionate come se le lancette dell’orologio segnassero le ore 18:30. Appoggiando i manici sul piatto e mantenendo sempre la lama del coltello verso l’interno. Secondo lo stile francese, invece, lo stesso messaggio lo si può comunicare posizionando entrambe le posate con il manico appoggiato al piatto e indicando le ore 16:20. Senza mai dimenticare che la lama deve essere rivolta verso l’interno. Un’ultima posizione che ci si augura di non dover mai usare, peraltro non contemplata dal galateo, è quella che indica che il piatto non è stato di nostro gradimento: in questo caso le posate vanno incrociate nel piatto formando una X.

E il tovagliolo?

Anche il tovagliolo, oltre alla sua funzione primaria che è quella di pulire la bocca o le mani durante i pasti, ha una funzione comunicativa. Ma prima di spiegare quale, ripercorriamo a sommi capi la sua lunga storia. Nell’antica Grecia «tovaglie e tovaglioli erano sconosciuti; il posto di quest’ultimo era preso da un impasto morbido, su cui venivano strofinate le dita», spiega l’archeologo Hugo Blümner in “The Home Life of the Ancient Greeks”. Nell’antica Roma invece si era soliti usare un pezzo di pane, il cosiddetto “pane da bocca” che poi veniva mangiato o destinato ai cani. I romani introdussero anche due tipi di stoffa legati alla tavola: il sudarium, una specie di salvietta per detergere il viso, e la mappa, una grande tovaglia per mangiare sdraiati. Fino alla fine del Medioevo, che si trattasse di nobili o di contadini, i commensali erano soliti pulirsi bocca e mani con la tovaglia. L’invenzione del tovagliolo come lo concepiamo oggi, la si attribuisce infatti a Leonardo Da Vinci, la cui creatività non finisce mai di stupirci. Nel 1491, durante la sua permanenza presso la famiglia Sforza di Milano, Leonardo Da Vinci racconta nel cosiddetto “Codice Romanoff” che guardando la tovaglia del suo signore vide una scena di totale disordine e inciviltà e per questo motivo la sua priorità in quel momento fu di trovare una soluzione per un maggior decoro durante i pasti. Creò così la “mini tovaglia” da porre davanti ad ogni singolo ospite e da utilizzare al posto della tovaglia. Se nel ‘400 l’uso del tovagliolo si affina, è però nel Seicento che esso inizia a comparire in modo abituale sulle tavole, prima alla corte dei ricchi, poi in tutta Europa e man mano ad uso di ogni classe sociale. Da allora le tipologie di tovaglioli si sono moltiplicate: di tessuto, da quelli più pregiati e costosi, ricamati a mano, dipinti, inamidati e intagliati con le tecniche della tradizione manufatturiera, a quelli più moderni, semplici da lavare e stirare, colorati, fino a quelli monouso, pratici e veloci. Ma tornando all’oggi, qual è il messaggio che il tovagliolo è in grado di comunicarci una volta che i commensali sono tutti a tavola? È presto detto: posizionare il tovagliolo sulle gambe (cosa da non fare mai prima che il pane e le bevande siano state servite) significa dare il via al pasto. È buona educazione, sia a casa sia al ristorante, aspettare che sia il “padrone di casa”, chi ospita o la persona più importante, a svolgere quest’azione per primo, dando il via a quell’atmosfera di convivialità di cui tutti i commensali beneficeranno.

Breve storia delle posate

Innanzitutto perché si chiamano posate? L’appellativo, participio passato del verbo posare, deriva dal fatto che esse segnalano il posto dove si deve collocare, posare, il commensale. La parola discende dal latino “pausare” (fermarsi), ma probabilmente ha anche subìto l’influenza della lingua spagnola, per la quale “posada” significa astuccio con le posate e ha finito col significare locanda. Nel ‘500 anche in italiano troviamo infatti “posata” nel significato di albergo, alloggio e maneggio dei cavalli. Riguardo la loro storia, diciamo subito che le varie posate che oggi usiamo comunemente a tavola sono nate in momenti diversi: il coltello esiste sin dalla notte dei tempi, essendo indispensabile non solo per mangiare, ma anche per cacciare, difendersi ecc.; il cucchiaio è stato inventato in epoca antica, ma dopo il coltello; la forchetta invece si è affermata in tempi più recenti. Nella sua forma completa, la “triade” forchetta, coltello e cucchiaio è documentata per la prima volta in un banchetto in onore dell’imperatore Carlo V del 1536. Tuttavia, per molti secoli l’uso delle posate, in particolare delle forchette e di coltelli appositi per la tavola, ha riguardato solo le aristocrazie e si è diffuso in tutta la popolazione solo nel XIX secolo.
Dopo queste brevi nozioni di carattere generale, approfondiamo ora lo sviluppo delle singole posate: se è vero, come già detto, che l’utilizzo del coltello si perde nella notte dei tempi, lo è altrettanto il fatto che il coltello da tavola è un‘invenzione non antichissima. Fino alla fine del Medioevo, infatti, non esistevano utensili specifici per tagliare gli alimenti e a tavola ciascuno usava il proprio coltello, che veniva utilizzato anche per la difesa personale, tagliare tessuti ecc. Anche ai banchetti, era uso che ciascun invitato portasse con sé il proprio coltello. Il primo esemplare specifico di posate per la tavola pare essere stato quello del citato banchetto di Carlo V, ma l’uso su larga scala si è diffuso nelle aristocrazie solo nel ‘600 e nel resto della popolazione nei secoli successivi.
Anche il cucchiaio ha origini antiche, i primi esemplari dell’area mediterranea risalgono infatti alla civiltà egizia. Originariamente erano realizzati di avorio, legno, pietra o osso, ma già nel mondo antico si affermarono anche quelli in metallo, che nell’età greco-romana divennero i più diffusi. L’uso del cucchiaio è stato costante nel tempo, ma la forma è cambiata molte volte nel corso degli anni e solo nel ‘700 si è affermato il design attuale, nel quale la punta della paletta è più stretta della base. La forchetta, infine, è la più recente delle posate, nonostante nel mondo egizio e greco-romano esistessero già utensili, simili agli odierni forchettoni, che venivano utilizzati per cucinare ma non per portare il cibo alla bocca.
La forchetta nell’utilizzo più comune è stata infatti introdotta solo durante l’Impero bizantino intorno al IV secolo d.C., anche se alcuni studiosi non escludono che potesse essere già stata usata, in maniera occasionale, nella Grecia antica. La sua diffusione è stata tuttavia molto lenta. Per secoli la forchetta è rimasta entro i confini dell’Impero bizantino e in qualche altro territorio orientale. Intorno all’anno 1000 è giunta in Italia, ma si è diffusa solo nelle aristocrazie. Intorno al XVI secolo ha varcato i confini della Penisola diffondendosi nelle classi agiate dell’Europa meridionale e raggiungendo, nel ‘700, anche l’Europa del Nord. Gradualmente, dall’800 l’abitudine di mangiare con la forchetta ha riguardato un numero sempre maggiore di persone di ogni classe sociale. Nello stesso secolo si è diffuso il modello a quattro rebbi, che oggi è quello più utilizzato.

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