La poetica della SOSTENIBILITÀ: la visione di Angelo Micheli

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sostenibilitàIn questo dialogo l’architetto Angelo Micheli, direttore di studio AMDL Circle ci racconta la sua interpretazione del concetto di sostenibilità, un tema secondo lui in grado di aprire le menti e un modo di progettare e pensare le azioni, ponendo attenzione a quello che si fa.

Il punto di partenza è l’idea che le parole siano importanti e in grado di definire i confini della progettazione, sin dall’inizio. «Una stessa progettazione prende una strada completamente diversa se si usano altre parole: a ogni progetto noi diamo un nome e la sua anima è legata a quel nome».

Da questo punto di vista, la parola sostenibilità è oggi un termine così largamente utilizzato da rischiare di impoverirsi, non tanto di contenuti, quanto di rilevanza. «Sostenibilità, è un parola un po’ abusata, è come dire che in questo appartamento c’è l’acqua calda».

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La Casa del Prato, piccole strutture realizzate con legno di Vaia nel Sudtirol.

sostenibilitàPiù adeguato sarebbe, per l’architetto Micheli, parlare di una “collaborazione” virtuosa tra i diversi attori, le aziende, le istituzioni, le associazioni e le persone. «La sostenibilità non è una novità, anche se in passato non la chiamavamo così. Quando si dà un nome alle cose diventano importanti, senza nome uno non la identifica con qualcosa di speciale. Negli anni ‘90 abbiamo fatto un progetto di bioarchitettura in Africa con la terra compattata, senza un grammo di cemento, ma non lo chiamavamo così».

Le fondamenta di una progettazione sostenibile riguardano il fattore umano: creare, cioè, prodotti o architetture che contribuiscano a migliorare l’esperienza umana, intesa come ambiente nel suo complesso, persone, animali e luoghi. Senza questa prospettiva, la sola attenzione alla scelta di materiali e processi sostenibili, risulterebbe carente e, quindi, sostenibilità poco efficace.

sostenibilità«È soprattutto l’attenzione alle persone perché, se anche uno fa una bella architettura, che ha tutte le caratteristiche della sostenibilità, ha tutto quello che si vuole, però se una persona all’interno non è felice, non ha il sorriso, tutto decade.

È un dare un peso diverso ai processi, nel nostro campo ai processi di progettazione, che sia architettura o una sedia o una tazzina o un orologio, è andare a capire cosa si va a danneggiare nel voler disegnare qualcosa con un certo materiale oppure se è rispettoso, non tanto delle regole, non tanto dell’ambiente, ma delle persone».

Si tratta di una visione in continua evoluzione, che mantiene al centro l’essere umano, anche talvolta a discapito dell’Ego creativo del progettista.

«C’è sempre l’idea di modificare il pensiero della progettazione, ogni due/tre anni si cambia tutto, perché tutto è sempre in evoluzione. Ma al centro ci deve sempre essere l’attenzione per l’umanità e l’umanità comprende tutto. Intendo l’uomo, la natura, i paesaggi, gli animali. Spesso uno pensa al proprio Ego nel pensare a un progetto, una cosa stupenda, ma poi si dimentica che ci sono le persone». È parte integrante di una progettazione sostenibile con una visione di lungo respiro, osservare e immaginare l’evoluzione dei comportamenti e dell’utilizzo dei prodotti in ambito domestico. La cucina è un nuovo laboratorio di creatività per l’interconnessione sempre maggiore con lo spazio living.

«La forma di un oggetto per noi non è derivata dall’estetica, ma da un pensiero che è figlio di una considerazione e di una analisi dell’evoluzione e di cambiamenti. Necessaria perché i mutamenti ci saranno sempre. Ci immaginiamo una reinterpretazione dell’abitare e di quello che può servire e non servire. Qualsiasi prodotto non lo pensiamo mai soltanto per se stesso, ma immaginiamo come l’ambiente potrà evolversi nei prossimi cinque anni e progettiamo quell’oggetto in base alle indicazioni di evoluzione dell’abitare. Per la cucina è lo stesso: preparo un pollo e ho bisogno di un piatto per mangiarlo, ma noi nel progettarlo, non pensiamo al piatto e basta, ma ci chiediamo, come può trasformarsi domani la cucina? Ci sarà ancora bisogno di una cucina, di un salotto? Capire se vogliamo fare una mise en place speciale, se è corretto fare un piatto quadrato oppure è meglio farlo tondo, nell’immaginario delle persone… poi iniziamo a progettarlo al di là del materiale…».

Una nuova relazione con gli oggetti domestici sarebbe auspicabile per l’architetto, per un consumo sostenibile che eviti sprechi, spingendo a un uso fino alla “fine” del prodotto. Che potrebbe creare un legame affettivo e di rispetto per oggetti che ci accompagnano nel tempo della nostra vita e utilizzo, lasciano traccia di noi o di altri prima di noi: «In aggiunta al materiale – se sia o meno riciclabile – per noi il prodotto dovrebbe essere davvero “di consumo”, cioè utilizzato finché non ha finito il suo ciclo di vita, talmente rotto che è davvero alla fine. Se fatto con materiali ecosostenibili, da riciclare, però se solo dopo sei mesi lo cambio, allora non è più sostenibile davvero, ma solo in parte.

I materiali trattengono le tracce di coloro che hanno usato gli oggetti prima di noi, se le togli, perdi anni di storia precedenti… le cose diventano delle impronte delle persone. Tutto si modifica ed è corretto che il tempo sia partecipe nel progetto. Chiunque si modifica nel tempo, persone e animali.

Ci vorrà tempo perché generazioni abituate, accettino di consumare meno, forse per le generazioni future sarà naturale e normale possedere meno».

Se in generale, è necessario scegliere materiali adatti per il prodotto, è altrettanto importante che di un materiale venga fatto il riciclo e riuso fino al suo fine vita.«Il mondo è pieno di plastica. L’importante è riciclarla e non buttarla in un campo o in un fosso o nel fiume, ma recuperarla. È meno bella del vetro perché un po’ fredda e la lavorazione non la rende più naturale. Ma per alcuni prodotti la usiamo, non si potevano fare i computer per Olivetti in legno! In cucina tutti i progetti sono belli da realizzare, se ad esempio mi chiedessero di progettare dei bicchieri in vetro ecco di per se stessi sono green perché il vetro si recupera magari anche per un altro prodotto, l’importante è recuperarlo. In realtà un po’ tutto si può recuperare, con forme e funzioni diverse».

In conclusione, in futuro una visione individualistica non sarà più realistica perché è fondamentale trovare il giusto equilibrio tra la quantità di benessere personale e la qualità di una vita sostenibile per tutti sul pianeta. Se la creatività è dare risposte a una domanda, sarà sempre più importante porsi quelle giuste, per un consumo che valorizzi la qualità del tempo. «Bisogna stare attenti che questa attenzione non diventi un lusso, si tratterà di produrre il necessario perché tutti sulla terra possano stare bene, non a discapito della natura, degli animali. La creatività è una risposta a una domanda, che uno si pone, con quella pazienza, che si è po’ persa, il valore dell’attesa, è stato un po’ dimenticato e sostituito con un consumo veloce e quasi immediato».

 

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