Sono positivi i segnali che arrivano dal settore dei casalinghi in metallo. A rilevarlo è Antonio Bertoli – Abert, nuovo presidente Anima-Fiac, associazione fabbricanti italiani articoli per la casa, la tavola ed affini, federata ad Anima Confindustria.
Il valore della produzione ha registrato nel 2018 un +1,6% rispetto all’anno precedente, un trend che sta proseguendo nel 2019 con uno aumento dello 0,3%. Il livello occupazionale è rimasto invariato, mentre i risultati più incoraggianti arrivano sicuramente dall’export con un incremento nel 2018 del 2,2% e un andamento positivo anche per i primi mesi del 2019 (+0,5%). Numeri piccoli, certo, ma che dimostrano come l’industria italiana possieda realmente i requisiti per superare il momento non facile, questo grazie a investimenti specifici in innovazione e negli impianti di produzione per consolidare i marchi. Si sta diffondendo infatti la convinzione che, prima o poi, la produzione italiana – complice il fatto che i siti produttivi dell’estremo oriente, per una serie di ragioni anche economiche, non sembrano più essere totalmente “funzionali” – tornerà ad essere estremamente competitiva. È quindi fondamentale farsi trovare preparati per avere le capacità di riacquisire quote di mercato.
Quali sono i temi più urgenti per il settore su cui Anima-Fiac intende lavorare nel futuro prossimo?
Sono tre i temi prioritari. Innanzitutto è necessario incrementare la compagine associativa per diventare più rappresentativi e quindi proporci come un interlocutore più forte e credibile nei confronti delle istituzioni. Il secondo punto su cui vogliamo impegnarci è l’introduzione di istanze comuni per creare un livellamento delle normative europee che attualmente risultano invece differenti nei vari Paesi (fra l’altro le più restrittive sono proprio quelle italiane). Il nostro obiettivo è riuscire a tracciare linee guida comuni che portino alla fabbricazione di oggetti funzionali e rispettosi della salute del consumatore, attraverso il controllo di tutta la filiera produttiva dalle materie prime alle fasi di lavorazione, ai processi di finitura.
Infine siamo convinti sia indispensabile creare cultura: intorno al nostro prodotto c’è poca conoscenza e competenza, driver oggi indispensabili per stimolare gli acquisti. Per questo a livello di associazione partecipiamo, ad esempio, a programmi televisivi d’informazione.
Inoltre stiamo lavorando con enti e istituzioni come Fiera Milano per creare occasioni di promozione del settore. Vogliamo, poi, impegnarci nel fare formazione nei confronti dei retailer: lo spazio di vendita è infatti il media più importante per dialogare con il consumatore finale.
Parliamo di Made in Italy come è possibile valorizzarlo nei confronti dei buyer internazionali ma anche dei retailer nazionali?
Sicuramente il marchio Italia è l’elemento più prezioso e distintivo con cui possiamo diventare protagonisti dei mercati internazionali, questo grazie anche alla cassa di risonanza di altri settori produttivi, dalla moda all’arredo. Dobbiamo fare leva su questo concept per comunicare al meglio i nostri prodotti. Un brand che si declina nell’immaginario collettivo in un know how fatto di innovazione, di creatività, di nuove idee ma anche di flessibilità, di capacità di pensare, progettare e produrre in tempi brevi.
Oggi poi al valore del made in Italy si affianca quello di designed in Italy, ovvero la sottolineatura di una modalità di progettare, disegnare e controllare il livello qualitativo anche delocalizzando la produzione.
Ricerca&sviluppo e la capacità di intercettare e interpretare le nuove tendenze. Quali i percorsi su cui le aziende stanno puntando?
Le nostre aziende sono, in realtà, molto differenti fra di loro, sia come tipologia di prodotti che come modalità produttive. Tuttavia si possono riconoscere dei percorsi di sviluppo di tendenze comuni che partono innanzitutto dalla condivisione di valori come l’attenzione alla qualità, il design, la sostenibilità. Così si evidenzia una ricerca di proposte meno estreme e autocelebrative, un puntare su linee più morbide e ergonomiche e su prodotti che definirei “tranquillizzanti” per il consumatore, in grado di dichiarare la loro funzione.
La sempre più diffusa sensibilità verso un’alimentazione naturale e biologica indirizza, poi, le aziende produttrici verso prodotti e processi produttivi sostenibili.
Ed ancora, un ulteriore elemento di riflessione è la volontà di considerare i consumatori come veri cittadini del mondo interpretando culture alimentari e culinarie “altre” anche attraverso l’introduzione negli assortimento di articoli specifici quali il wok o i chopstik.
Ricerca e innovazione riguardano anche le caratteristiche intrinseche dei prodotti, particolarmente vivace risulta, a tal proposito, la ricerca sui materiali e sui processi produttivi, soprattutto su rivestimenti e finiture che influiscono sia sull’estetica che sulla funzionalità, dalle nanotecnologie applicate ai trattamenti dell’acciaio ai rivestimenti antiaderenti che implementano continuamente le loro performance.