Hi-tech e oggetti per la casa: matrimonio di interessi?

Si è svolto durante Macef Autunno 2007 il convegno organizzato da Casastile e Computer Dealer&Var che ha fatto il punto sullo “stato dell’arte” della penetrazione delle tecnologie informatiche nel retail della casa, lanciando segnali sulle potenzialità offerte da questi strumenti al business dei negozianti e sulla possibilità di ampliare i loro assortimenti ai prodotti hi tech.

Dopo un saluto di Mattia Losi, direttore editoriale de Il Sole 24Ore Business Media (gruppo editoriale nel quale sono recentemente confluite le riviste organizzatrici del convegno) che ha sottolineato l’interesse strategico del gruppo verso la stampa B2B e l’impegno a ribadire la propria vocazione fomativa e infomativa, e un benvenuto di Paolo Mastromo (consulente per la comunicazione di Macef), i lavori sono iniziati con una relazione del direttore di Casastile, Laura Tarroni, sul rapporto tra i punti vendita del settore e la tecnologia.

Sono 9.390 i negozi trattanti oggettistica per la casa oggi in Italia (con la maggiore concentrazione, 4.045, in Area Nielsen 4), dei quali 4.600 sono definiti “ad alto valore aggiunto”. Una realtà variegata, fatta di negozi individuali e qualche catena, che è alle prese con lo spostamento dei consumi verso prodotti più appealing e gratificanti e con l’agguerrita concorrenza della GDO. Una situazione di forte mutamento, nella quale il retail di settore stenta a tenere il passo con l’evoluzione del consumatore finale. Sintomatico è il dato, rilevato da un’analisi di Freedata per Confcommercio nel marzo 2007 sulla diffusione dell’ITC nel commercio al dettaglio italiano, secondo la quale solo il 55,3% dei negozi italiani è dotato di un PC e per la tecnologia i dettaglianti spendono in media ogni anno 799 euro. Il computer, chi ce l’ha, lo impiega soprattutto per la gestione della contabilità (46,5%) e per il collegamento a internet: uno strumento usato però massicciamente solo per la posta elettronica (nel 93% dei casi), meno per l’home banking (62%) e ancor meno per le transazioni con i fornitori (38,6%). Solo il 26% dei punti vendita ha un proprio sito internet, ma il 15,3% vorrebbe averlo.

Per le dotazioni di hardware un po’ più sofisticate, come ad esempio i palmari (utilizzabili nella gestione dell’inventario), i numeri crollano al 9,15%. Una sorta di letargo informatico pare aver colpito le piccole e medie imprese commerciali, che per vari motivi non sembrano essersi accorte che dal 2000 al 2006 il numero di utenti italiani che naviga sul web è cresciuto del 70% arrivando a 22 milioni, e continua a crescere: nel 2009 si stima che saliranno a 30 milioni. Ma quali sono le motivazioni della scarsa attrazione dei retailer verso le tecnologie informatiche?
 
L’età media dei titolari dei negozi non è determinante, le cause primarie risiedono piuttosto nella scarsità dell’offerta di prodotti informatici tarati sulle specificità dei singoli settori, nella mancanza di un’informazione sui vantaggi che la tecnologia può offrire alla gestione aziendale, nei costi da affrontare. Tecnologia per ottimizzare il rapporto col consumatore “Esiste un diffuso atteggiamento, almeno nel retail dell’oggettistica, a considerare la tecnologia come un’ulteriore complicazione del proprio business. Sarebbe invece auspicabile che i negozianti cominciassero a vederla come un partner e non come un nemico” afferma Laura Tarroni.

“Del resto, già vi sono esempi di come questi nuovi strumenti possano essere impiegati efficacemente, oltre che a livello gestionale, anche nello store design, dove possono ampliare i confini fisici dello spazio di vendita e costruire mondi emozionali intorno ai prodotti, con modalità che i consumatori oggi apprezzano e conoscono perché le sperimentano già attraverso il web e le tecnologie domestiche. Ma vi sono anche potenzialità enormi nel campo della comunicazione diretta con la clientela: le newsletter che informano sulle attività del negozio e sui prodotti, la consultazione dei siti istituzionali dei brand trattati, che permettono approfondimenti sui prodotti. Le tecnologie, infine, sono anche declinate nei prodotti stessi e sono esse stesse oggetti per la casa: vi sono negozi che hanno ampliato la gamma d’offerta all’hi-fi ad alto contenuto di design, come completamento delle lista nozze, ma non solo”. Per non parlare delle possibilità dell’e-commerce. Proprio sull’argomento, l’intervento di Vincenzo Zaglio, caporedattore del portale 01 Net/Tech Target, ha illustrato la situazione attuale e le opportunità: l’e-commerce B2C in Italia cresce a un tasso medio annuo del 44%, per un valore di 5.328 (secondo i dati dell’Osservatorio B2C Politecnico di Milano) ma il numero di negozi che lo applica è irrisorio.
 
Il 17,5% dei punti vendita dichiara di avere però un progetto di e-commerce, ma molti di più (63,2%) non ne vedono la valenza strategica e non si tratta dunque di un problema tecnologico. Eppure, rispetto ad altri paesi europei in cui il fenomeno è già più diffuso, l’Italia ha buoni spazi con un mercato ancora numericamente piccolo ma con tassi di crescita superiori alla media. Gli acquirenti on line oggi in Italia sono 9 milioni, con una spesa annua di 600 euro, mentre in Francia, ad esempio, sono 16 milioni con una spesa media di 1.100 euro. “In un panorama che vede un consumatore sempre più infedele e sempre più informato su ciò che vuole comprare, sottolinea Zaglio, internet è un ottimo strumento per gli acquisti: il 51% dei navigatori cerca informazioni in rete prima di comprare e, attraverso la condivisione di informazioni tipica del web, fa anche da referente per altri potenziali acquirenti. Inoltre, l’e-shop è aperto 24 ore al giorno e, dalle esperienze dei negozianti, non è un concorrente del punto vendita fisico ma anzi lo valorizza in quanto si possono attuare azioni di marketing sinergiche”.

Nuove tecnologie, punto vendita più efficiente Come ha sottolineato nella sua relazione M. Cristina Ceresa, caporedattore di Computer Dealer&Var, la tecnologia può ottimizzare il lavoro in negozio e anche ampliarne il business. In una realtà che vede da un lato clienti sempre più sofisticati, preparati e infedeli, dall’altro la concorrenza della grande distribuzione sempre più agguerrita e diabolica, le imprese del retail indipendente devono ottimizzare i costi. “La tecnologia consente questa ottimizzazione; bisogna però avere chiaro dove acquistare tecnologia e quali prodotti scegliere. In Italia vi sono circa 22mila rivenditori di informatica; esiste un elevato turnover a livello dei fornitori poiché i prodotti si aggiornano molto rapidamente e chi non sta al passo con le evoluzioni esce altrettanto rapidamente dal mercato.

Un mercato caratterizzato dalla presenza di distributori che fanno da anello di congiunzione tra i vendors (i produttori) e i rivenditori. Non sono molte le aziende di informatica specializzate sul retail. Quindi è opportuno individuare realtà affidabili, magari anche visitando le fiere specializzate, come lo Smau, tenendo d’occhio le novità. Le tecnologie più utili per i punti vendita sono il Geomarketing (moduli intelligenti che permettono ad esempio di incrociare i risultati di vendita), il CRM – Customer Relation Manager, il VoIP (Voice over IP), l’RFDI che ha ancora costi abbastanza elevati ma migliora la gestione dello scaffale, il W-IFI, che offre strumenti agili sempre per la gestione dello scaffale. Ma soprattutto l’EDI (Electronic Data Interchange, dedicato ai rapporti con i fornitori) e Internet rappresentano strumenti efficaci. Infine una considerazione generale relativa al retail di oggettistica: la clientela di questi negozi è ancora per la maggior parte femminile e proprio le donne, oggi, sono sempre più aperte all’informatica e attente ai nuovi mezzi di informazione. Varrebbe la pena tenerlo presente!”.

Fin qui il quadro tracciato da esperti e osservatori del retail. Ma come vivono quotidianamente il rapporto con le tecnologie i negozi del settore? Tra i partecipanti al dibattito che ha seguito il convegno, Giannina Fontana (fondatrice della catena Kasanova, specializzata in casalinghi e lista nozze): “Con 180 punti vendita non possiamo prescindere da un buon livello di informatizzazione. Personalmente poi credo molto anche nelle nuove frontiere aperte da Internet poiché io, che ancora sono sul campo, nei negozi, a occuparmi anche di vendita, tocco con mano la sua diffusione tra la clientela come mezzo per reperire informazioni sui prodotti. Per quanto riguarda la generale arretratezza informatica di questo settore, bisogna dire che i nostri fornitori non hanno mai fatto molto per farlo progredire”. Tecnologia indispensabile, ma serve l’aiuto delle aziende Concorda su questo punto anche Luca Guidi, titolare dei punti vendita Bandini di Ravenna e membro del Consorzio Acanto, che raggruppa 23 negozi di liste nozze: “Strumenti come Internet sono a mio avviso ormai indispensabili per chi, come noi, tratta anche liste nozze. Un servizio, quello delle liste, che si è notevolmente ridotto nel corso degli ultimi anni ma che resta uno degli aspetti caratterizzanti dei nostri negozi. Oggi, in molte coppie marito e moglie provengono da città diverse, per non dire da Paesi diversi, con amici vicini e lontani.

Gestire le liste attraverso il sito web ha risolto molti problemi. Per realtà piccole come quelle del settore, l’aggiornamento sulle tecnologie informatiche a livello gestionale risulta ancora piuttosto faticoso: spesso il titolare deve farsi carico di quasi tutte le attività e il personale di vendita non ha una formazione adeguata. Il problema della scarsa attenzione dei fornitori sull’informatizzazione l’ho sperimentato sulla mia pelle, codificando da me le referenze del mio magazzino. In questa situazione, credo che sia ancor più difficile pensare all’e-commerce a livello di punto vendita. La possibilità di ampliare l’assortimento all’elettronica di consumo, agli hi-fi o agli elettrodomestici potrebbe risultare interessante ma essenzialmente legandola alle liste nozze: chi entrerebbe nei nostri negozi a comprare lo stereo o una lavastoviglie quando le nostre città pullulano di centri specializzati?”. Itc ma non solo. Il retail cerca nuovi percorsi

Più convinto sulla penetrazine dell’e-commerce nel comparto casa in un futuro prossimo e sempre in collaborazione con i punti vendita dislocati sul territorio Antonio Pasquinucci (responsabile della catena Arturo Pasquinucci): “Personalmente, penso che sia più piacevole visitare un bel negozio che acquistare questi oggetti davanti a un monitor. I negozi fanno parte della nostra cultura e del nostro territorio e credo che il nostro impegno dovrebbe essere quello di continuare a mandare gente nei punti vendita. Inoltre, i nostri articoli sono fragili e la spedizione pone spesso il problema della sostituzione per rottura. Invece per quanto riguarda l’impiego delle tecnologie gestionali, con la nostra catena di 54 punti vendita in franchising abbiamo dovuto affrontare prima di tutto il problema dell’hardware (molti punti vendita non hanno il pc); quindi abbiamo messo a punto un software agile e abbiamo lavorato con ogni negozio per fornire un business plan. Impresa ardua poiché i dati necessari spesso non vengono tenuti sotto controllo dai titolari e si devono ricostruire. La nostra logica è quella di supportare il negoziante che, in queste piccole realtà, si ritrova a dover fare tutto da sé. Quindi abbiamo automatizzato i processi di carico degli ordini, svolti in autonomia dai negozi: in pratica, tramite software, carichiamo noi il loro magazzino e inviamo i codici a barre, consentendo al cliente di avere lo scarico immediato, l’inventario, i dati di vendita, le medie sui carichi, tutto senza perdere tempo davanti al computer. Mi pare quindi che spazio per le nuove tecnologie ci sia, ma commisurato alle possibilità delle forze in campo e magari con più collaborazione delle aziende di produzione: molte ancora ragionano solo con la logica dei minimi d’ordine, e una politica di trasparenza dei listini, magari consultabili in internet, è ancora lontana”.

Parte da un punto di osservazione più ampio l’analisi di Jacopo Papp, responsabile relazioni esterne di Emmelunga e da anni attivo nella comunicazione di diverse realtà del settore casa: “Mi pare che il ritardo tecnologico e gestionale sia legato anche a una scarsa professionalità degli operatori commerciali di questo comparto (ma anche in parte di quello del mobile): molti negozi e showroom hanno ancora un aspetto freddo e museale, poco accattivante. Non si investe sul layout del punto vendita, sull’illuminazione, sul visual dei prodotti, né tanto meno sulla formazione del personale di vendita. Sarebbe auspicabile che i vari soggetti protagonisti del settore (penso a chi fa informazione specializzata, ai produttori, anche quelli di informatica…) si mettessero insieme per far partire un rinnovamento culturale del comparto, che passi sì dalle tecnologie, ma con anche molto altro da fare.

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