Intervista a Mauro Bacchini, anima di Cargo e HighTech

Mauro Bacchini, il creatore (insieme al fratello e alla sorella), di Cargo e HighTech
Mauro Bacchini, il
creatore (insieme al
fratello e alla sorella),
di Cargo e HighTech

Sulla capacità dell’oggetto di provocare emozione, sulla contaminazione e la differenziazione merceologica, Mauro Bacchini ha costruito il successo di HighTech e Cargo, due negozi decisamente in anticipo sui tempi. Con lui abbiamo discusso del presente del punto vendita e soprattutto delle sfide per un futuro che si annuncia sempre più globalizzato e tecnologico.

Quali suggestioni l’hanno portata a dare vita a Milano, nel lontano 1981, a HighTech?

In primo luogo la curiosità, il desiderio di capire la direzione del vento, a volte per anticiparla, spesso per prendere una direzione diversa. Il design fatto per piacere, autoreferenziale, non mi è mai piaciuto. Al contrario, fin da giovanissimo, mi sono riempito la casa di frullini, assi per lavare i panni, spremiagrumi, lucchetti, grattugie, portachiavi, scolapasta, pinze, oggetti belli e semplici fatti per servire, spesso frutto di un’invenzione. Mi piacevano molto i disegni con cui venivano depositati i brevetti, i disegni tecnici con i dettagli costruttivi, le misure e i materiali. Idee che prendevano forma in piccole fabbriche che erano dei laboratori artigianali dove operai, ingegneri e architetti lavoravano fianco a fianco. Così, detto senza retorica, l’Italia si è tolta gli stracci di dosso e ha fatto grandi passi avanti.

Contaminazione e capacità degli oggetti di evocare mondi, sono gli elementi che contraddistinguono HighTech e Cargo. È questo il tratto che accomuna ogni suo progetto?

Se fai la stessa cosa per tanti anni o sei paranoico o sei molto coerente. Diciamo che il modo con cui ho guardato alle cose è stato coerentemente paranoico. Quello che chiamo “minimalismo brianzolo”, che poi si è imposto come “stile contemporaneo”, sta cominciando a sentire il peso degli anni, perché il contemporaneo invecchia rapidamente. Fissarsi sul presente impedisce di avere un passato e annulla il futuro. L’appiattimento sul presente sta rischiando, infatti, di farci perdere il valore storico della produzione di oggetti d’uso con cui si è costruito l’ambiente della vita quotidiana italiana. Perdere la memoria di certi oggetti sarebbe come buttare via i film di Fellini, Monicelli, Risi, Scola: azzerare il nostro immaginario ci farebbe smarrire il senso di essere, bene o male, italiani.

Oggi che abbiamo abbondantemente soddisfatto i bisogni primari, è necessario far leva sulla componente emozionale dell’oggetto?

I libri sull’arte di buttare via le cose superflue stanno avendo un grande successo editoriale. Non è un caso. Abbiamo tutto ciò che è inutile o superfluo. L’estetica dominante è quella del kitsch o del trash. In mezzo a questo caos ci siamo persi un pezzo d’identità. Forse si deve fermare la macchina del desiderio di possedere e di consumare. Possiamo dunque domandarci: questo oggetto mi serve? Soddisfa un mio bisogno? È un ricordo che voglio portare con me? Un oggetto pesa e, se lo devo portare nel viaggio della vita, deve avere un valore, altrimenti è uno spreco.

Molti negozi lamentano la concorrenza della vendita on line. Come fronteggiarla?

Credo che quello che sta accadendo nessuno sia davvero in grado di capirlo. Siamo tutti disorientati dalla velocità e dalla dimensione dei fenomeni. Globalizzazione e rivoluzione digitale abbattono confini e sicurezze. Forse di fronte alla paura di un futuro così incerto sta maturando la necessità di essere meno soli e meno concentrati su di sé. L’amicizia dei social non basta e probabilmente nei più giovani si sta facendo strada la consapevolezza di rimettere il campanile al centro del villaggio per poter tornare ad essere comunità. Se sarà così, i luoghi di aggregazione non saranno solo i bar, ma anche gli spazi pubblici, le piazze, i mercati. Il commercio in forme nuove sarà parte integrante di questo paesaggio.

Sempre a proposito di problematiche, molti negozianti che trattano la lista nozze oggi sono in crisi. Ha qualche consiglio per loro?

Il dono istituzionale non ha più senso. Era qualcosa che sottintendeva un vincolo di necessità e di obbligo reciproco. Donare è un’arte che non può sottostare a obblighi e costrizioni. Il dono di nozze dovrebbe essere qualcosa di svincolato dall’inventario delle necessità domestiche. Forse un bonus spendibile secondo il gusto e le utilità di chi lo riceve può essere una soluzione pragmatica e semplice.

Può dirmi qualcosa relativamente alla sua collaborazione con Coin?

Posso dire che per Cargo si tratta di una grande opportunità: in pochi mesi abbiamo aperto 35 corner in tante città italiane. Stiamo imparando molte cose.

Cargo e HighTech  

Cargo
Cargo occupa gli spazi industriali dove si produceva l’Ovomaltina, nella periferia di Milano

Con 35 anni di vita alle spalle (è stato aperto nel settembre del 1982), HighTech ha segnato una svolta a Milano nei negozi di oggettistica, casalinghi e arredo. Ospitato originariamente in una palazzina di fine Ottocento (ex sede della fabbrica d’inchiostri del Corriere della Sera) e poi trasferitosi vicino a Corso Como, ha puntato su oggetti insoliti e accostati in maniera eclettica, esponendoli in circa 2.000 mq in un’atmosfera tipicamente industriale. Risale, invece, al 2001 l’apertura di Cargo: ben 11.000 mq ricavati nella struttura dove, dal 1922 fino a qualche decina di anni fa, si fabbricava l’Ovomaltina, con l’intento di recuperare un’area industriale dotata di una forte identità per la città di Milano. All’interno sono esposti mobili etnici e moderni, servizi da tavola e utensili, tappeti, abiti, piante.

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