Lo scorso marzo, in occasione della prima riunione annuale della Società Italiana di Design (SID), si è discusso di identità culturale e scientifica del design italiano. È stato realizzato un video, un viaggio lungo 48 voci, frutto delle testimonianze di studenti, docenti e professionisti che, riflettendo su questo tema, hanno offerto il loro punto di vista.
Un racconto corale che permette di trarre diverse conclusioni. Innanzitutto le parole chiave che più ricorrono sono tradizione, innovazione, artigianalità e nuove tecnologie. Concetti apparentemente agli antipodi che mostrano come il design sia una disciplina in grado di far coesistere aspetti molto diversi tra loro. È un terreno fertile dal quale nascono nuove sinergie, frutto dell’incontro tra passato e presente, capacità manuale e progettuale, mestiere e ricerca.
Inoltre il design ha la capacità di contaminare e contaminarsi con ambiti disciplinari differenti, questo perché il progetto è un atto complesso e, in quanto tale, è caratterizzato da un approccio multidisciplinare. La creatività italiana ci ha dimostrato come la vera innovazione nasca nel trasformare i vincoli in opportunità. Proprio per questo il fare design Italiano è in grado di apportare qualità, stile e raffinatezza trasformando prodotti e servizi.
Il buon design dovrebbe partire dalle esigenze dell’uomo, dagli stili di vita e di comportamento per declinare forme e innovazioni in funzione delle reali esigenze, siano esso espressive e/o pratiche.
Un altro aspetto estremamente rilevante è che il senso dell’oggetto non è legato solo alla funzione che assolve ma al racconto che innesca. Per spiegarlo utilizza uno dei principi cardine delle teorie di Paul Watzlawick, ovvero che “non si può non comunicare“, ne consegue che qualsiasi oggetto è portatore di senso in quanto racconta qualcosa di sé e del suo fruitore.