Collaboratrice di Ettore Sottsass, Elena Cutolo dal grande maestro del design italiano ha imparato la sensorialità e ad anteporre, nei suoi progetti, l’emozione alla funzione. Nell’intervista che segue ci parla della rinascita dell’artigianato, del suo modo di intendere l’ambiente domestico e di come lasciarsi ispirare dal grande patrimonio progettuale italiano, possa servire per sconfiggere l’omologazione contemporanea
Ha lavorato nello studio di Ettore Sottsass. Potrebbe dirmi cosa le ha insegnato questo grande maestro del design e dell’architettura e cosa di ciò che ha imparato vive nei suoi lavori oggi?
Sottsass mi ha trasmesso la sensorialità del design, l’emozione prima della funzione, ma essendo entrambi architetti, ogni “pezzo” da disegnare veniva poi attentamente studiato e dimensionato a seconda della sua funzione. Oggi mi piace schizzare con una penna Pilot nera che mi ricorda gli anni universitari di architettura a Napoli e a Barcellona e di lavoro a Parigi, dove usavo tecnigrafo e china, quando vedevo e rappresentavo tutto in bianco e nero. Dopo anni di lavoro con Sottsass, oggi quei contorni neri sono riempiti di colore, la carta mozzarella è stata sostituita dai quaderni neri Moleskine e il tecnigrafo dallo schizzo, come strumento iniziale. Grazie alla grande quantità di lavori fatti insieme a lui, mi risulta facile dimensionare un mobile, un oggetto, un gioiello.
È nata a Napoli, ha studiato a Barcellona, ha vissuto a Parigi e ora ha il suo studio a Milano. Come ognuna di queste città ha influito sul suo modo di intendere il progetto?
Sono nata e cresciuta a Napoli, più degli oggetti e dei mobili di design che abitavano la casa dei miei genitori, più che Pompei, il Museo Archeologico, la Cappella San Severo, è l’arte di strada, la fantasia con cui il popolo si fa bello, che continua a sorprendermi. Ma se immagino qualcosa di nuovo, ritornano tutti i luoghi dove ho vissuto: Napoli, Barcellona, Parigi, Milano. Impossibile prescindere dalle esperienze passate: aver cambiato città ha implicato scenari, abitudini e amicizie diverse. Inoltre Il Nord (mia mamma) e il Sud (mio papà) dell’Italia convivono in me da sempre e la nascita dei miei figli mi ha riportato alla prima, pura infanzia.
Il suo stile mi richiama alla memoria un periodo assai fecondo della progettazione italiana, quello degli anni ‘80 che hanno sottolineato l’importanza dell’estetica in un panorama ancora segnato dal freddo funzionalismo. Come vede il mondo del design oggi?
L’Italia è un Paese che si caratterizza per una grande varietà di arti, tradizioni, feste popolari regionali: dialetti, artigianato. I falegnami brianzoli, i maestri vetrai muranesi, i fabbri napoletani di rua Catalana, i marmisti toscani di Carrara, i ceramisti siciliani di Caltagirone, liguri di Albissola, campani di Vietri sul Mare, gli orafi vicentini ecc… Si ha l’impressione di fare lunghi viaggi, ascoltare lingue diverse, ma le distanze sono brevi: l’Italia possiede un immenso patrimonio culturale da cui trarre ispirazione. Attingendo a questo patrimonio l’omologazione dettata dai social e dalla stampa 3D può essere superata.
Lavora diversi materiali tra cui l’alluminio, la ceramica, il vetro, l’acciaio e anche la plastica. Alcuni di essi hanno alle spalle una tradizione artigiana antichissima, penso ad esempio al vetro e alla ceramica… come si confronta con questa tradizione?
Gli oggetti nascono da un’idea del progettista (la mamma) e dall’abilità dell’artigiano (il papà). Nell’attimo della creazione non penso, piuttosto sento, mediante rimandi ed associazioni del tutto istintive. Così sono nati dei vasi di vetro che sembrano dei cestini o dei vestiti o delle bocche. Così sono nate le ceramiche Canopie per Seletti, dei vasi Canopi rivisitati: bambole di ceramica che diventano dei vasi per fiori, levando le teste. Così sono nate le Architetture di tè: teiere per Bosa. Quando non le usi per bere il tè, ti possono ricordare una piccola casa al mare, un faro, un palazzo, una fabbrica che guardavi dal finestrino viaggiando con i tuoi genitori quando non esistevano i cellulari e i bambini curiosi si guardavano intorno… Così sono nate le ceramiche fatte da me per Ettore dopo la sua morte: grandi tubi neri con pezzi applicati colorati… per elaborarne il lutto.
Il “fatto a mano” ha molta importanza nel suo lavoro. Pensa che oggi stiamo assistendo ad un ritorno delle pratiche artigianali?
La situazione mondiale non fa che spingere in questa direzione.
Restringiamo per un attimo il campo del progetto e rivolgiamo l’attenzione all’universo domestico, in particolare a quello della tavola. Una volta proprio Ettore Sottsass ha ammonito i designer a tener sempre presente che gli oggetti sono spesso gli strumenti di un rito esistenziale. In un’epoca come la nostra dominata da un consumo di cibo distratto e veloce (penso al fast food, al food on the go, al food a porter…) a suo avviso gli oggetti per la tavola hanno perso quel valore “rituale” che hanno avuto per molte generazioni passate?
Il consiglio medico di seguire a tavola la dieta mediterranea, di acquistare nei mercati agricoli a km zero, suggerisce di mangiare meno fuori e di cucinare in casa. No, gli oggetti per la tavola non perderanno mai il loro valore rituale.
Durante il Covid la casa è stata vissuta come nido, come rifugio da un esterno minaccioso. Oggi che ci siamo liberati da quell’incubo possiamo tentare di ridefinire l’ambiente domestico. Per questo le chiedo: come è e cos’è la casa secondo Elena Cutolo?
L’uso dei cellulari, delle cuffie e l’isolamento che ne consegue porta a ridefinire l’ambiente domestico. In soggiorno la televisione come elemento di aggregazione è oramai superata, continua ad essere necessario un divano comodo dove sdraiarsi o piuttosto singole poltrone per ciascun componente del nucleo famigliare. La cucina e il tavolo da pranzo diventano gli elementi più aggreganti dell’ambiente domestico post Covid, sia per il nucleo familiare sia per gli amici. La casa continua ad essere vissuta come nido, rifugio, ma il suo layout è più libero, aperto ai cambiamenti.
Progetto al femminile: esiste a suo avviso un approccio diverso che le donne sono in grado di fornire al mondo del progetto?
No, non credo che l’approccio sia diverso, si tratta di avere più o meno sensibilità, non è una questione di genere.
E in termini di opportunità, ritiene che quelle offerte agli uomini siano uguali a quelle date alle donne?
No, credo che gli uomini continuino ad avere più opportunità rispetto alle donne.
Un’ultima domanda: scelga tre aggettivi per descrivere il suo lavoro…
Primitivo, emotivo, libero.
Elena Cutolo
Nata a Napoli nel 1966, Elena Cutolo ha studiato architettura a Napoli e a Barcellona e si è laureata nel 1992. Dal 1993 al 1997 ha vissuto a Parigi dove ha lavorato nello studio di architettura Reichen&Robert. Dal 1998, a Milano, ha iniziato la sua collaborazione con lo studio Sottsass Associati e, dal 2002 al 2007, con Ettore Sottsass occupandosi di progetti di architettura d’interni, di allestimenti per mostre e di design. Nel 2008 ha aperto il suo studio a Milano. Come designer ha progettato per aziende come Morellato, Venini (Edizioni Limitate), Glas Italia, Altreforme, Purho, Seletti, Bosa e Illulian. I suoi lavori sono stati esposti presso il Macef (Homi-Milano), Maison & Objet-Paris, The Venice Glass Week, il Salone del Mobile di Milano (Cosmit-Milano), il Center 548 di New York, il Piasa a Parigi, il Mic, Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro a Venezia, il Museo del Vetro di Murano, Venezia.