Filiera tessile, il futuro passa dal riciclo

Intervista a Alberto Paccanelli, Presidente di Euratex, Membro del Comitato di Presidenza di Sistema Moda Italia, Ceo e shareholder di Martinelli Ginetto Group

Alberto Paccanelli

Secondo dati pubblicati dall’Agenzia Europea dell’ambiente (AEA), la produzione tessile, dal 2000 al 2020, è raddoppiata passando da 58 a 109 milioni di tonnellate, con una previsione di crescita, entro il 2030, a 145 tonnellate. Una cifra cospicua, che ha indotto la Commissione Europea a presentare, nel marzo 2022, una serie di proposte volte a promuovere modelli produttivi che vadano nel senso del riciclo, riutilizzo e riparabilità.
Un approccio condiviso da EURATEX, la Confederazione dell’Industria Europea del Tessile e dell’Abbigliamento, che ha dato vita ad una serie di progetti molto concreti rivolti alla sostenibilità, senza perdere di vista il valore della competitività della manifattura europea. Ne abbiamo parlato con Alberto Paccanelli, presidente di EURATEX.

Nel 2020 aveva preannunciato difficoltà per l’industria del tessile prevedendo cali di fatturato e ridimensionamenti aziendali. Cosa è successo dopo? Qual è la situazione del tessile in Italia e in Europa a fine 2023?

Sì, in effetti questo settore ha vissuto un momento di difficoltà generato dalla pandemia e, rispetto al 2019, il primo semestre 2020 registrò un calo significativo, anche se ampiamente recuperato nella seconda parte dell’anno 2021, tant’è che – secondo dati Eurostat –, il tessile chiuse a fine 2021 addirittura in attivo di 9 punti percentuali. Diciamo che in linea generale il settore tessile ha dimostrato tutta la sua resilienza, capacità e adattamento, anche se con una situazione a “macchia di leopardo” e una sostanziale polarizzazione tra aziende in ottima salute ed aziende in difficoltà.

In che senso?

Nel senso che chi era forte lo è diventato ancora di più, mentre le aziende che propongono un’offerta di prodotto medio-basso e poco innovativo o sono di piccole dimensioni hanno sofferto maggiormente. Ma non è stata una situazione omogenea, ad esempio l’abbigliamento ha sofferto più del tessile casa.

Si sono verificate chiusure?

Sì, ma non in maniera significativa. Il settore tessile, in Europa, conta per la sola industria 192mila aziende, oltre 1,3 milioni di addetti, con un fatturato di 168 miliardi di euro, dei quali 67 dall’export (dati 2021).

Entrando nel dettaglio del tessile casa?

Come accennavo, direi che è stato uno dei pochi comparti a beneficiare del momento pandemico. Come tutto ciò che riguarda la casa, l’ambiente in cui ci siamo trovati confinati e dove ci siamo rifugiati, il tessile dedicato alla casa è stato oggetto di attenzione e di acquisti da parte degli italiani e dei principali consumatori di tutto il mondo. Il 2021 e il 2022 sono stati perciò anni di crescita importante in Italia ma anche in Europa. Mediamente, rispetto al 2019, abbiamo avuto crescite comprese tra il 15 e il 20%.

Direi ottime. Il 2023 come è stato? E il 2024?

Il 2023 è stato un anno non negativo per il tessile casa, soprattutto nel primo semestre che peraltro ha sancito anche un ritorno a performance più normali relativamente al fatturato, con un 15-20% in meno rispetto all’anno precedente. Per il 2024 le previsioni sono di grande prudenza e di una certa preoccupazione. Penso che sarà un anno abbastanza complicato a causa degli scenari geopolitici internazionali e quelli economici che potrebbero causare un rallentamento del consumo in genere e forse anche del turismo, con tutto il suo indotto. Inoltre, gli Stati Uniti stanno entrando nel ciclo elettorale e tradizionalmente il consumatore americano diventa più risparmioso. Ma sono solo ipotesi, ed è altrettanto vero che siamo ormai abituati a situazioni che possono cambiare anche molto velocemente. Vedremo.

Veniamo ad EURATEX. Il 2020 è stato l’anno di fondazione di ReHubs e quasi un anno fa la creazione del consorzio Cisutac: a che punto siamo?

In linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, che prevede la riduzione delle emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, nel marzo 2022 è stata comunicata la “EU strategy for sustainable and circular textiles”, ovvero la strategia dell’UE verso il tessile sostenibile e circolare. Questa si sta avviando verso una regolamentazione legislativa ed è molto importante perché va nel senso del riciclo e riutilizzo. L’impatto della nuova legislazione è da vedere in modo positivo, promuovendo una trasformazione della filiera del tessile-abbigliamento europeo nel segno della circolarità, della sostenibilità e di un consumo orientato alla qualità piuttosto che alla quantità. Tuttavia destano preoccupazione le tempistiche di introduzione delle nuove leggi e l’impatto sulla competitività del sistema europeo. Infatti, essendo il tessile-abbigliamento uno dei settori più globalizzati, sarà difficile capire cosa potrà succedere, in termini di rispetto delle normative europee, ai due terzi dei capi che vengono prodotti nei Paesi extra UE ed importati in Europa. Euratex opera in stretto collegamento con la Commissione ed il Parlamento Europeo al fine di far in modo che il percorso legislativo sui temi della sostenibilità vada di pari passo con la difesa della competitività della produzione europea; il rischio è quello di rendere il sistema europeo meno competitivo di quello di molti Paesi esteri laddove non vengano attuati i necessari controlli all’importazione che possano garantire una parità di trattamento tra prodotti europei e prodotti importati.

Più facile a dirsi che a farsi…

L’introduzione dell’organismo europeo di Market Surveillance e la riforma delle pratiche doganali all’importazione sono due temi chiave per garantire che le regole siano rispettate da tutti gli attori della filiera. La transizione verde del settore deve prevedere una regolamentazione semplice, coerente e facilmente applicabile, un sostegno finanziario agli investimenti, soprattutto per le aziende di piccole e medie dimensioni, e un consumatore sempre più invogliato a comprare prodotti sostenibili (anche pensando a qualche incentivo al consumo visto che oggi il consumatore europeo è interessato al tema sostenibilità, ma al momento non è disponibile a spendere di più rispetto ad un prodotto “tradizionale”). In qualità di presidente di EURATEX ho espresso chiaramente la nostra disponibilità verso una transizione a favore di un’economia circolare, ma che vada in parallelo con la tenuta competitiva del settore europeo.

In questo senso, come procede la filiera del tessile rispetto al riciclo e il riuso, due aspetti che attengono alla sostenibilità, ma che presentano delle differenze?

L’UE ha definito chiaramente che i prodotti tessili sia all’interno sia all’esterno dell’Europa devono essere “durevoli, riparabili, riciclabili”. Ciò significa che dobbiamo tornare ad utilizzare prodotti con una qualità superiore e che siano riparabili, quindi riutilizzabili. E, aggiungo, non solo perché lo dice la UE, ma perché è necessario: ogni anno il cittadino europeo consuma mediamente 26 chili di prodotto tessile e ne butta via 11 che sono quasi tutti mandati ad incenerimento o in discarica.
Sono numeri insostenibili e che, sommati a quelli di altri Paesi, rendono evidente che non ci saranno nel futuro sufficienti materie prime per soddisfare la domanda mondiale in continua crescita (soprattutto ad Oriente). Quindi da un lato è necessario ridurre lo scarto tessile, anche con politiche di riutilizzo e ricondizionamento di capi usati, dall’altro recuperare le fibre tessili che oggi vanno “sprecate”.

11 chili di scarto pro capite solo per l’Europa sono molti…

Una sorta di “miniera d’oro”. Se questo scarto verrà trattato in modo economico ed efficiente potrebbe realizzarsi una ”filiera” di notevole interesse strategico e con buone prospettive di occupazione. Intanto dal 2025, secondo la normativa europea, anche il rifiuto tessile dovrà essere differenziato nella raccolta, esattamente come succede per la carta, il vetro e la plastica.
E ciò rende improrogabile la trasformazione del modello tradizionale , lineare di business del settore, creo-produco-consumo-metto a rifiuto, per arrivare ad un modello circolare creo-produco-consumo-riciclo.

Su cosa sta lavorando EURATEX per favorire la filiera del tessile verso il riciclo?

Fra le molte attività, sicuramente quella relativa all’avvio di una filiera europea del riciclo. EURATEX ha creato l’iniziativa ReHubs Europe che si pone l’obiettivo di facilitare l’avvio di 150-200 punti di riciclo in Europa, con l’obiettivo di poter trattare un terzo degli scarti tessili che oggi, in Europa, ammontano a circa 7,5 milioni di tonnellate/anno. E’ un passo importante perché coinvolge l’intera filiera e non solo le aziende a monte (filatura, nobilitazione e confezione) ma anche la distribuzione, i brand della moda e le realtà specializzate nel riciclo.

Quali sono gli aspetti più delicati rispetto a questi processi? Non credo si tratti solo di costi, pur rimanendo un fattore determinante.

Dobbiamo partire proprio dalla carenza di fibra riciclata e poi, in quest’ottica, diventa fondamentale il cosiddetto “ecodesign”. Significa che è necessario progettare anche in ottica sostenibile, per costruire un prodotto che sia facilmente “smontabile” e riciclabile. Oggi non è ancora così, basti pensare al mix di fibre tra naturali e artificiali che costituiscono un capo e che rendono difficile il riciclo. Certamente, anche in questo caso, la legislazione deve fare la sua parte, dando indicazioni precise su come realizzare un prodotto. La direttiva europea sull’Ecodesign è in fase di finalizzazione.

E i produttori sono pronti?

Sono diversi i produttori che stanno lavorando in questo senso e che già studiano e realizzano prodotti che provengono dal circuito del riciclo. Noi, ad esempio, in Martinelli Ginetto Group, abbiamo recentemente realizzato per un cliente del nord Europa, una linea di filati per tappeto utilizzando lana vergine con lana riciclata. Il progetto è stato possibile grazie all’adeguata disponibilità di materia riciclata con caratteristiche di purezza testate in laboratorio. Oggi i quantitativi di tessile riciclato sono ancora estremamente ridotti e bisogna lavorare per attivare quanto prima i percorsi di raccolta, trattamento e riciclo.

E la tecnologia è già disponibile?

Questo è un altro punto. Dobbiamo fare in modo che la tecnologia evolva perché al momento le tecnologie per il riciclo delle fibre sono sostanzialmente due: la chimica e la meccanica. Quest’ultima è abbastanza consolidata mentre per la tecnologia relativa al processo chimico è ancora necessario lavorare e provvedere ad investimenti adeguati.

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