Fondatrici nel 2016 del Flatwig Studio, Erica Agogliati e Francesca Avian operano principalmente nel campo dell’interior design ma si occupano anche di grafica e realizzano prodotti personalizzati. Hanno riferimenti culturali pop e ritengono che il design debba evitare ogni elitarismo ed essere invece un mezzo semplice e comprensible capace di rendere la nostra vita più pratica e bella
Potete raccontarmi come è nata l’idea di dar vita ad uno studio insieme?
Abbiamo iniziato a lavorare insieme subito dopo l’università. Il nostro primo progetto consisteva in una collezione di anelli e ciondoli in acciaio inox, tagliati al laser e rifiniti a mano. Dato lo spessore ridotto dei gioielli abbiamo pensato al termine inglese “flat” che poi invece abbiamo utilizzato per il nome dello studio.
Il termine Flatwig è però intraducibile in italiano…
È un nome di fantasia, inventato in maniera quasi casuale. Abbiamo iniziato ad abbinare a “flat” diverse parole, finché Flatwig è suonato bene, oltre a essere facilmente riconoscibile. Tornando alla nostra storia, a Londra nel 2016 abbiamo strutturato maggiormente la nostra realtà diventando a tutti gli effetti uno studio di interior e così è nato il Flatwig Studio.
Da Londra vi siete trasferite a Milano. Una scelta controcorrente se si pensa alla quantità di giovani che emigrano in cerca di lavoro all’estero…
Fin dal principio sapevamo che prima o poi saremmo volute tornare in Italia e alla fine abbiamo deciso di rientrare non solo per questioni professionali, ma anche familiari e personali. Durante gli anni a Londra (2015-2019) insieme ai progetti che seguivamo in UK, abbiamo lavorato a distanza per clienti in Italia, dunque abbiamo sempre mantenuto vivo un legame professionale. Gli anni londinesi, sono stati comunque incredibilmente arricchenti.
Definite il vostro approccio al progetto “circolare, funzionale ed essenziale”, immagino quindi che il tema della sostenibilità abbia per voi una grande importanza… In che modo lo mettete in pratica neile vostre creazioni?
Nel 2019, dopo il rientro da Londra, abbiamo deciso di lanciare un prodotto che ci permettesse di farci conoscere meglio. L’ispirazione del progetto è arrivata da un interno realizzato a Londra in cui un’ondulina (lastra metallica comunemente utilizzata per coperture industriali) trovata per caso nel cortile dell’edificio, è stata recuperata e utilizzata come rivestimento verticale. Partendo dallo stesso materiale e dallo stesso principio, abbiamo realizzato degli arredi free standing, “Ondula”, caratterizzati proprio dalla curvatura dell’ondulina; abbiamo dunque trasformato un elemento industriale in un oggetto domestico, addolcito da dettagli e toni soft. Un altro progetto circolare si chiama “Insieme” ed è una collezione di tovaglioli realizzati a partire da scarti di produzione tessile, attraverso la tecnica del patchwork. Con lo stesso principio abbiamo creato “Joie de Vivre”, una tovaglia che può essere realizzata su misura, secondo la richiesta della committenza. La nostra idea di sostenibilità però va oltre il recupero di materiali scartati; crediamo infatti che diffondere la cultura del progetto rendendola comprensibile sia un atto utile e gentile. Lo facciamo spiegando con cura ai clienti le nostre scelte progettuali che spesso optano per il recupero e non per una comoda sostituzione. Abbiamo un approccio quasi didattico al progetto, ci piace l’idea di poter far vedere una nuova prospettiva che nessuno aveva ancora proposto.
Operate anche nell’ambito del retail, realizzando negozi di noti brand. Quello dei punti vendita è un settore che oggi risente della forte concorrenza dell’on-line. Quali sono le vostre strategie per rendere un negozio attrattivo?
Il retail è uno dei contesti maggiormente in evoluzione nel mondo dell’interior e progettare interni commerciali oggi è una vera sfida. Il principio che ci guida è quello di ricreare degli ambienti che abbiano a che fare con ritualità e gestualità del mondo domestico. Non operiamo in maniera didascalica, ma invece attraverso l’interpretazione di segni, materiali, significati, attraverso l’organizzazione dello spazio.
Avete affermato che il vostro obiettivo è quello di realizzare spazi “senza tempo”. Che caratteristiche ha uno spazio di questo tipo? Ed inoltre, oggi che la comunicazione è talmente pervasiva come è possibile progettare rimanendo immuni dalla grande influenza dei trend?
In primo luogo crediamo che sia importante partire dall’idea di conservare rivalutando l’esistente, facendo sempre riferimento al contesto in cui un interno è inserito, non snaturandolo. All’inizio di ogni nostro progetto facciamo un lavoro di interpretazione della personalità del cliente, soprattutto se non ha mai avuto uno spazio che lo/la rappresentasse. Spesso i nostri clienti ci mostrano delle fotografie che hanno salvato come ispirazione e spesso sono arredi e componenti che seguono un po’ il trend del momento. Questo è assolutamente normale, ed è compito dell’ interior designer prendere questi input e trasformarli in spazi che davvero rappresentino lo spirito e l’identità della committenza. Spesso l’interior design viene associato all’idea di omologazione, ma è proprio l’opposto: l’interior designer aiuta a creare spazi unici, eticamente ed esteticamente belli ma anche funzionali. Non sempre si riescono a realizzare progetti in grado di sfuggire alle logiche commerciali, alcuni progetti necessitano proprio di essere commerciali e di strizzare quindi l’occhio ai trend.
In ogni caso cerchiamo sempre di bilanciare diversi aspetti che permettano di comunicare una sensazione di “senza tempo”.
Tra le vostre varie attività, realizzate anche mobili su misura. Quanto importante è oggi saper offrire un prodotto personalizzato?
È senz’altro un plus, che viene molto apprezzato dai nostri clienti, sia per quanto riguarda l’interior sia per gli oggetti che produciamo su ordinazione. Spesso per alcuni spazi il personalizzato è la soluzione ideale, anche dal punto di vista funzionale. Abbiamo disegnato molte cucine su misura, ma anche armadi e boiserie, dove elementi decorativi e funzionali si fondono.
Molti dei vostri progetti sono dedicati al mondo della tavola. È un settore che vi stimola?
La tavola ed i rituali del cibo sono da sempre stati una delle nostre principali ispirazioni. Tra i vari oggetti che collezioniamo, abbiamo una bella raccolta di libri di cucina, di utensili e stoviglie, oltre a una serie di progetti nel cassetto legati a questo mondo. Il tema della convivialità e l’atto dello stare insieme attorno ad una tavola sono momenti ricorrenti nei nostri progetti. Per esempio, “Mama Punch” racconta della tradizione inglese del punch, immaginata nel contesto della convivialità tipica dell’Italia; interamente realizzato in vetro borosilicato soffiato a mano, l’oggetto è stato progettato pensando ai marinai che, di ritorno dalle Indie, festeggiavano il rientro in patria immergendo la propria tazza in una grande coppa collettiva. “Uovocomune”, disegnato per Marimar, mette al centro l’uovo come cibo da rivalutare e lo fa elevandolo, letteralmente, su un piedistallo modulare in marmo. “Insieme” e “Joie de Vivre”, sono ispirati alla ritrovata allegria dello stare insieme attorno ad una tavola dopo la pandemia. Nel nostro piccolo mettiamo in pratica questa nostra passione per la tavola, nella vita di tutti i giorni non saltando praticamente mai la pausa pranzo e non mangiando davanti al laptop.
Alcuni ritengono che nel campo del design oggi l’innovazione passi solo attraverso la tecnologia a discapito dell’aspetto formale. Cosa significa per Flatwig innovare?
Significa provare a leggere la contemporaneità trasversalmente, andando oltre la superficie, oltre l’immagine accattivante, oltre la soluzione più scontata. Ciò non significa pensare al design come a qualcosa di elitario ed inarrivabile, anzi spesso i nostri riferimenti culturali sono pop, semplici e comprensibili. Innovare per noi significa dunque continuare a pensare alla cose di tutti i giorni, oggetti e spazi, con nuove prospettive. In generale crediamo che l’innovazione tecnologica possa essere al servizio del design. Sarebbe bello che grazie alla tecnologia si riuscisse a risparmiare tempo da investire in creatività, ricerca e immaginazione.
L’universo femminile acquista sempre più rilevanza nell’ambito della progettazione. Pensate che l’approccio femminile al design sia diverso rispetto a quello maschile?
Crediamo che il design, che ha un ruolo sociale importantissimo, di per sé dovrebbe essere pensato in maniera più inclusiva. Per troppo tempo gli stereotipi di genere hanno fatto sì che uomini e donne operassero in settori diversi, credendo che questo derivasse da inclinazioni naturali. Pensiamo invece che non esistano differenze di genere nell’atto della progettazione. Esiste però ancora una differenza nel modo in cui viene progettato e comunicato il mondo che ci circonda, a nostro avviso, ancora troppo genderizzato.
Flatwig Studio
Fondato a Londra nel 2016 da Erica Agogliati e Francesca Avian, Flatwig Studio attualmente ha sede a Milano e si occupa principalmente di interior design, ma lavora in maniera fluida spaziando dal prodotto alla grafica fino alla direzione creativa per brand emergenti e clienti privati. Realizza progetti d’interni residenziali e commerciali, seguendo i lavori in tutte le fasi, dal planning fino alla scelta degli arredi. I progetti nascono spesso dall’osservazione e dalla ricerca di usi e costumi del passato, traggono ispirazione dal folklore, esplorando e reinterpretando gestualità e momenti del mondo del cibo e del convivio. I progetti di Flatwig Studio sono stati esposti in numerosi showroom e fiere internazionali.