
Alla giornalista blogger, retail & visual merchandising senior trainer e consultant, Francesca Zorzetto abbiamo chiesto di illustrarci le caratteristiche di un negozio green e il modo migliore per comunicarle.
La sostenibilità è un processo lungo e complesso che interessa molti aspetti del negozio, materiali e strutturali – dalla scelta dei prodotti, alla logistica, dai materiali agli allestimenti, fino alle scelte energetiche o dei fornitori – e che coinvolge anche le persone, il team e i clienti. Dal mio punto di vista e come previsto anche dall’Agenda 2030 (il programma per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU), dobbiamo parlare sempre di sostenibilità sociale e ambientale.È difficile per un negozio essere definito sostenibile al 100% ma esso può, attraverso piani che durano anni, lavorare per la sostenibilità anche attraverso certificazioni specifiche. È un impegno urgentissimo poiché il cambiamento climatico è già qui e il futuro si costruisce adesso, un pezzo alla volta, anno dopo anno, con passi mirati, sensati e documentabili. Ci tengo molto a dire che anche i negozi indipendenti possono fare della sostenibilità un valore e un elemento differenziante, magari grazie anche al sostegno dei brand e che la sostenibilità non fa bene solo al pianeta e a chi lo abita ma anche alle imprese.
Quali sono i punti di forza del negozio sostenibile tali da portare il consumatore a preferirlo a quello tradizionale?
Il negozio sostenibile può diventare uno spazio di relazioni e valori che stimoli il consumatore a visitarlo o comunque a restare connesso. In questo anno di pandemia il retail si è trasformato con una accelerazione fortissima verso l’omnicanalità. Pensando al mondo della casa, i valori della sostenibilità possono intercettare i desideri delle nuove generazioni di consumatori e consumatrici più giovani, già molto sensibili a questi temi, permettendo così di allargare la clientela.

Come si comunicano in maniera corretta ed efficace le caratteristiche di un negozio sostenibile?
Facendo attenzione a non cadere nel “greenwashing”, il che significa che ogni azione deve essere documentata e dimostrabile. Meglio fare passi piccoli ma veri, magari anche limitando i campi di intervento. Altrettanto importante, se il negozio ha delle certificazioni, saperle comunicare in modo chiaro e semplice, anche con l’aiuto delle aziende. In questo periodo, inoltre, i negozi possono organizzare molti eventi di education sulla sostenibilità, anche virtuali o ibridi, per sensibilizzare i clienti a comportamenti virtuosi, ognuno in funzione del proprio target e territorio di riferimento. Per un negozio specializzato in oggettistica per tavola e cucina, il tema dell’alimentazione può essere uno spunto pertinente. Anche la vetrina può divenire uno spazio adatto alla narrazione di storie sulla sostenibilità, sia per le scelte dei materiali di allestimento che per i temi del racconto. A questo proposito potrei citare alcuni department store come Selfridges che nell’ambito dell’iniziativa “Project Earth” dedicata alla sostenibilità, da anni utilizza le vetrine per sensibilizzare i consumatori sul tema. Rinascente ha realizzato ad aprile in tutti i suoi store l’evento “Think Green” con allestimenti dedicati al garden e alle piante. Coin per il progetto Coin Re:spect promuove invece marchi sostenibili a partire dal mondo della casa con corner e vetrine dedicate. Mi paiono chiari esempi di come anche il visual merchandising possa essere uno strumento di azione e comunicazione sostenibile.

Quale dovrebbe essere il concept di un negozio sostenibile?
Su questo tema vorrei sfatare qualche luogo comune: non bastano legno e una parete di piante verticali per fare “green”, perché paradossalmente la scelta di tali materiali potrebbe essere meno sostenibile di altre: l’alluminio ad esempio è riciclabile così come lo sono le plastiche biodegradabili. Creare un concept significa innanzitutto dar vita a uno spazio retail sostenibile tenendo presente quella che è l’identità del brand e del target. A questo proposito cito un esempio molto significativo:

. Si tratta di un “purpose lead store” che nasce con l’obiettivo di creare un’esperienza immersiva nel mondo del brand e di coinvolgere nelle scelte sostenibili i clienti. È vero, in questo spazio ci sono anche le piante ma il concept prevede moltissimo bianco e colore metallo e un mood urban, ma quello che veramente conta è l’obiettivo e le scelte per esempio riguardo l’illuminotecnica, con il massimo uso della luce solare e di lampade LED . La sostenibilità può riguardare anche le scelte di assortimento: sempre nel settore casa mi vengono in mente esempi di negozi all’estero che propongono collezioni di designer locali, così come la valorizzazione del proprio territorio, dando visibilità a realtà artigianali o di nicchia.
Tempo fa, a frenare l’adesione del mondo produttivo nei confronti della sostenibilità era l’ingente investimento economico. Ora le cose sembrano diverse…
Gli investimenti in sostenibilità creano sul lungo periodo un ritorno positivo e nuove opportunità di business. La diffidenza nei confronti della sostenibilità è quindi più un freno culturale e di conoscenza, soprattutto per un tessuto distributivo come il nostro, costituito ancora da realtà piccole, convinte magari che la soluzione dei diversi problemi risieda nella scelta dei prodotti…
Prevede per il futuro un deciso orientamento verso la sostenibilità anche nell’ambito dei negozi?
Sì perché c’è una forte domanda da parte dei consumatori in questo senso e in aggiunta a questo trend ci sono cambiamenti legislativi importanti. La UE per sostenere una politica eco, ha infatti deciso di dare ai diversi Stati dei finanziamenti. Se manterrà le promesse, anche il retail ne beneficerà con nuove opportunità.
Che tipo di problematiche i negozi si trovano a dover affrontare oggi?
Sono le stesse che devono affrontare tutte le attività. I titolari devono inoltre prendere atto che compiere delle scelte green non significa necessariamente impoverire il punto vendita rendendolo meno bello o attrattivo, anzi. La sostenibilità non deve essere vissuta come una scelta di nicchia o “radical chic”, ci sono molte opzioni diverse. Si tratta di fare delle scelte che possono essere buone e belle, ma che sono soprattutto necessarie. Forse bisognerebbe tornare a quello che ci hanno insegnato le generazioni precedenti, a valutare cioè la durata degli oggetti, a comperare con consapevolezza. Guardo con grande curiosità a Green Pea il primo green Retail Park al mondo aperto a Torino da Oscar Farinetti. È un grande esperimento che anche grazie a marketing e comunicazione potrebbe aiutare la causa eco. Non a caso il suo fine è “from duty to beauty”, ossia diffondere a target diversi la consapevolezza che consumare con rispetto può essere bello oltre che necessario.

Il diffondersi della pandemia ha posto in evidenza la necessità di un ripensamento dei punti vendita.
Da qualche nuova apertura o riorganizzazione mi pare che stiamo andando in una direzione eco. Ripensare il retail fisico può essere una grande opportunità. Alla riapertura ci sarà una selezione inevitabile e i consumatori saranno costretti a volte a fare delle scelte che andranno in questa direzione, perché c’è una consapevolezza più diffusa, come testimonia anche il report di Ipsos “ The sustainability imperative” del novembre 2020.Secondo questa ricerca le aspettative maggiori dei consumatori sono proprio verso i comportamenti di aziende e marchi.