Intervista a Vittorio Venezia e Carolina Martinelli
Lei Vittorio è di Palermo mentre Carolina di Milano, due mondi distanti per quanto riguarda il design. Se al nord a dominare è il rapporto con l’industria, nel sud è più diffusa la pratica artigiana. Visto che entrambi questi approcci sono presenti nei vostri progetti, mi spiegate come li fate interagire?
V.V.: Lavorare in queste due città è un’opportunità perché ci consente di affrontare il progetto con punti di vista, ritmi e vincoli diversi. Parlando di produzione di oggetti e complementi d’arredo è facile associare Milano all’industria e Palermo a realtà artigiane. Queste due sfere produttive, però, sono distanti solo in apparenza: analizzando le fasi di realizzazione dei prodotti ci si rende conto che esistono delle complessità in grado di smentire tale dicotomia. Innanzitutto perché c’è moltissimo artigianato nell’industria, soprattutto nel Made in Italy. Inoltre, osservando da vicino il lavoro artigianale ci si accorge di quanto sia spesso condizionato da prefiniti industriali. Esiste quindi, una forma di armonia che di volta in volta cerchiamo di scoprire.
Alcuni vostri lavori hanno nomi dal fascino quasi ancestrale, (Efesto, Etna, Babele, Paestum ecc.) e anche le vostre forme richiamano stilemi del mondo antico nella loro essenzialità. Qual è il vostro rapporto con la tradizione?
V.V.: La decisione di utilizzare nomi appartenenti al mondo classico dipende dal fatto che sono universalmente conosciuti. Quindi, li abbiamo scelti perché capaci di comunicare efficacemente l’oggetto; non cercavamo né compiacimento, né di aggiungere particolari significati. Certo è che l’aver entrambi studiato architettura e il contesto che ci circonda ci hanno influenzati. Pur non essendo precisamente neoclassici, accenni alle proporzioni, alle simmetrie e geometrie permeano la nostra memoria e si imprimono nel nostro lavoro.
Quali sono le sfide che un progettista si trova a dover fronteggiare oggi?
C.M.: Innanzitutto bisogna capire di che tipo di progetto si sta parlando; la scala e le tecnologie con cui si ha a che fare fanno la differenza. I confini del mondo del progetto sono così estesi che si fa fatica anche a definire il proprio ambito di lavoro. Tra le sfide innovative cito la riscoperta delle buone pratiche del passato, tralasciando alcune idee falsamente progressiste che hanno condizionato negli ultimi 40 anni il mondo del consumo e della progettazione. È molto importante progettare tenendo in considerazione il ciclo di vita di un prodotto perché ora conosciamo i danni prodotti dalla cultura dell’usa e getta.
V.V.: Ci sono novità che stanno cambiando la nostra realtà, penso alle intelligenze artificiali, alla stampa 3d, alla blockchain e alla robotica. Credo che tutte queste novità definiranno i nuovi confini del progetto. Inoltre, per contrastare il dilagante appiattimento, una delle sfide più interessanti sarà quella di far emergere nel progetto sempre più culture e identità locali.
Lavorate anche per il mondo della tavola/cucina, un universo oggi in trasformazione. Il piacere di una convivialità vissuta intorno a una ricca ed elegante tavola pare lasciare il posto allo street food, al food to go ecc… Cosa ne pensate?
V.V.: Quello di consumare cibo intorno ad una tavola è un rito irrinunciabile; siamo umani e il cibo è l’occasione per celebrare il nostro corpo e condividere la nostra esistenza. Il convivio ci interessa molto e spesso, quando progettiamo degli interni proponiamo ai clienti il disegno di un tavolo personalizzato sulle loro esigenze e le loro abitudini legate ai pasti. Stranamente oggi lo street food invece di mangiarlo per strada con amici o anche con sconosciuti, lo si consuma a casa.
C.M.: Palermo è la capitale dello street food quando ancora non lo si chiamava così… Amiamo la cultura del cibo da strada; in genere pietanze povere che permettono di conoscere la cultura popolare del luogo. La sensazione che avvertiamo ogni volta che siamo in Sicilia è la stessa che abbiamo percepito in molti altri luoghi del Mediterraneo, dove le persone, oltre a sfamarsi, condividevano altro.
Moda e design; due universi separati o comunicanti? Ve lo chiedo perché avete creato accessori (borsa e portafogli) che potrebbero far parte anche del mondo della moda…
V.V.: Ci siamo misurati con una realtà produttiva come Moleskine e lì abbiamo lavorato a una collezione più come consulenti che come veri stilisti, cercando di trovare una sintesi formale che accumunasse tutti gli oggetti.
C.M.: Siamo per la contaminazione e crediamo ci sia sempre stata. Il problema è che la moda ritiene che presentare una nuova collezione ogni 4 mesi faccia vendere di più, tempi insostenibili per il design che produrrebbero una omogeneizzazione formale. Quello su cui non siamo d’accordo è l’idea delle case di moda di vendere, oltre agli abiti, anche accessori, interni e abitazioni. L’idea di vivere un’intera vita brandizzata ci sembra un appiattimento culturale, oltre che un sogno dispotico in stile Ubik di Philip Dick.
Martinelli Venezia Studio
Martinelli Venezia è uno studio di progettazione con sede a Milano e Palermo, nato nel 2015 dalla collaborazione tra gli architetti Carolina Martinelli e Vittorio Venezia. Lo studio si occupa di direzione artistica, design del prodotto, allestimento, architettura e interni, indagando questioni come il rapporto tra la tradizione
e il sapere locale, le proprietà dei materiali e le possibilità tecniche delle lavorazioni. I loro progetti sono stati esposti in gallerie e musei come il Louvre di Parigi, il MAXXI di Roma, la Galleria Rossana Orlandi, Artopiagallery e la Triennale Design Museum di Milano. Collaborano con numerose aziende italiane e internazionali tra cui Abet Laminati, Alcantara, Colé Italian Design Label, De Castelli, InternoItaliano, Jannelli & Volpi, Lithea, Luce5, Martinelli Luce, Meritalia, Moleskine, Slide.