Rompere gli schemi: la rivoluzione di Taitù negli articoli per la tavola

Fondata da Emilio Bergamin, l’azienda è originale fin dal suo nome – ispirato alla regina TAITÙ, moglie di Menelik, re d’Etiopia – con una proposta dove il colore, la bellezza e la libertà sono gli ingredienti principali e di “rottura”, in alternativa alle classiche produzioni dell’epoca

“Rompere gli schemi e trovare uno stile che ti identifichi. Uno stile che non ti faccia omologare alle abitudini, alle convenzioni e alla noia”. È in queste parole che si concentra il pensiero, il manifesto di TAITÙ, azienda nata nel 1960 che, con le sue proposte e il suo stile, rappresentò una vera e propria avanguardia nel comparto degli articoli per la tavola.
“L’elemento innovativo è sempre stato molto forte in azienda e ne ha sempre caratterizzato l’attività – spiega Marina Vago, titolare di TAITÙ -. Questo spirito ha permesso di attivare, nel tempo, anche prestigiose collaborazioni. A cominciare da quella con Tiffany, con idee e progetti che alla base hanno sempre avuto la volontà di differenziarsi da ciò che il mercato già proponeva”.

Marina Vago, CEO di TAITÙ


Il colore è innegabilmente l’elemento che vi contraddistingue e vi rende riconoscibili. Anche oggi?
Sì. Cercato fin dall’origine, l’uso intensivo del colore ha creato e fa sì che l’azienda mantenga, ancora oggi, una fortissima brand identity. I prodotti TAITÙ sono immediatamente riconoscibili e questo è un importante vantaggio competitivo. Detto questo, amo sottolineare anche le collezioni in bianco e nero ospitate al MoMA di New York, ma certamente il colore, i forti contrasti e l’introduzione, per prima, del principio del Mix&Match negli anni Ottanta, hanno sempre contraddistinto l’azienda in tutti questi anni di attività.


La libertà di “mescolare” gli stili e i colori ha aperto nuove possibilità, anche sul fronte della vendita?
Certamente si voleva dare al cliente l’opportunità di combinare al meglio diversi tipi di nuances di colore, diversi tipi di soggetti, in modo che il cliente potesse comporre, in modo libero e creativo, le proprie mise en place. Ma chiaramente, lato azienda, in termini di strategia di marketing e commerciale ha significato la possibilità di ampliare le vendite. È stato un passo importante, tant’è che, quando il team creativo pensa alle nuove collezioni, comprende sempre la possibilità di mixare le diverse collezioni. In questo senso, un elemento di forte innovazione è stata l’introduzione delle collezioni pluridecoro dove, nell’ambito della stessa confezione, seguendo un tema comune, proponiamo differenti colori, soggetti e disegni.


L’innovazione e l’alta qualità dei materiali vi posizionano su una fascia di prodotto medio alta. Qual è l’elemento che vi consente di veicolare queste caratteristiche al cliente finale?
Direi che lo storytelling deve passare da TAITÙ al rivenditore e da questo al cliente finale. Ogni nuova collezione è frutto di uno studio approfondito e, da un punto di vista creativo e artistico, parte sempre da una storia che va raccontata e che nasce sempre da un imprescindibile lavoro di team. Iniziamo dallo studio di mercato che analizza la concorrenza e, soprattutto, le tendenze emergenti, frutto di colloqui con la distribuzione e la clientela privata. In genere si arriva alla fine di questo processo con differenti alternative tra le quali scegliere. Una cosa è certa, privilegiamo sempre l’originalità e non ci ispiriamo mai a idee già realizzate da altri.


Che tipo di propensione trovate da parte del distributore nel recepire questo racconto?
La realtà dei retailers è composita, difficile, densa di attività, però ci teniamo a fornire loro degli strumenti per metterli in grado di poter trasmettere il nostro storytelling al cliente finale.


La storia aziendale subisce un forte cambiamento rappresentato dal cambio di proprietà. Nel 2016 subentrate lei e suo marito. Cosa vi ha spinto ad entrare in un settore del tutto nuovo per la vostra professionalità?
Entrare nel mondo del design per la tavola è stato un “salto”, una sfida molto affascinante. Provengo da una famiglia che ha sempre avuto grande spirito imprenditoriale e rilevare un’azienda come questa e rilanciarla è stato molto, molto interessante, per non parlare dell’approdo nel mondo del design, che è stato ancora più stimolante.


E l’impatto con la distribuzione?
Considerando le caratteristiche innovative di TAITÙ, a volte la distribuzione esprime una certa resistenza al cambiamento, che poi è un elemento caratterizzante della vita dell’uomo in senso lato. Detto questo è chiaro che le forti innovazioni contemplano anche possibili difficoltà oggettive e, di questi tempi, il negoziante non può assumersi rischi eccessivi. A fronte di ciò cerchiamo di bilanciare le collezioni più “estreme” con prodotti più riconoscibili, ma senza snaturare il nostro percorso.


E qual è la percezione del cliente finale rispetto all’offerta TAITÙ, considerando che a volte dimostra di essere un “anello della filiera” più ricettivo della rivendita?
È una fascia di clientela che esiste, ma si tratta di una minoranza. Ciò che mi colpisce di più e che caratterizza il cliente di prodotti TAITÙ, è la sua forte passione che prova nei confronti del brand e dell’offerta. Coloro che ne apprezzano l’idea e lo spirito dimostrano un livello di fedeltà al brand davvero notevole.
Nel 2023 avete partecipato per la prima volta a Host, la manifestazione dedicata al settore HoReCa e Contract. Con quali risultati?
Anche in quel caso è stata una sfida perché in genere è un comparto che vive di colori neutri. TAITÙ si è presentata con i suoi colori ed è stata molto apprezzata anche perché i tempi si sono dimostrati maturi. Ormai il colore è visto dal segmento HoReCa come un elemento caratterizzante della propria struttura.


Voi siete presenti anche all’estero con una quota significativa. Quali sono i mercati che si stanno rivelando più interessanti?
Con una quota export del 40% seguiamo con particolare attenzione i mercati esteri e la volontà di ampliare il raggio d’azione a livello worldwide. In questo senso, sottolineo il trend che vede nei paesi asiatici un’area che sta diventando particolarmente interessante.


Quali impressioni sul mercato prossimo futuro?
Dallo scorso anno il retail soffre e continua a soffrire. Tuttavia, al di là della contingenza, credo sinceramente che la distribuzione debba evolvere così come la produzione, ma senza farsi travolgere in maniera passiva dai forti cambiamenti di questi ultimi anni.


Un riferimento al digitale e all’eCommerce?
Si, oggi è necessario governare con grande attenzione la competizione tra i canali, con politiche di prezzo chiare e corrette. Per questo è molto importante concertare di comune accordo tra produzione e distribuzione scelte che siano coerenti e trasparenti.

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