Come sapete, in base del DPCM 3 novembre 2020 i negozi delle Regioni identificate come Zone rosse sono obbligati a chiudere, con eccezione di quelli che vendono i prodotti elencati nell’Allegato 23 del Decreto stesso.
Fra i negozi che devono sospendere l’attività ci sono anche negozi di casalinghi. Tuttavia l’allegato 23 inserisce fra i beni necessari prodotti che fanno parte dell’assortimento di molti di questi negozi ad esempio piccoli elettrodomestici ma anche la cartoleria, illuminazione.
Lo stesso vale per i negozi di biancheria casa che vendono anche biancheria per la persona o detergenti.
Naturale dunque che molti di voi ci abbiano interpellato chiedendoci indicazioni. Abbiamo chiesto ad Art-Confcommercio delucidazioni: ecco cosa ci rispondono.
“Poiché la questione è controversa e suscita notevoli dubbi, ART si è attivata per ottenere chiarimenti in grado di offrire un orientamento quanto più possibile chiaro ed univoco. L’Ufficio Legislativo di Confcommercio, da noi interpellato, fornisce le seguenti indicazioni:
- Durante la prima fase dell’emergenza sanitaria della primavera scorsa, il Governo aveva chiarito ufficialmente che le attività che avessero dichiarato un Codice ATECO, principale o secondario, relativo alle merceologie autorizzate a proseguire la vendita potevano restare aperte, limitatamente alle merceologie stesse (e non quindi all’intero assortimento). La medesima indicazione ufficiale era stata a suo tempo fornita da UNIONCAMERE.
- In realtà, Confcommercio osserva che “non è il codice Ateco a determinare le attività che un’impresa può svolgere, circostanza che dipende invece dal possesso dei titoli abilitativi eventualmente prescritti dalla legge. Semmai è vero il contrario: il codice Ateco viene attribuito sulla base dell’attività effettivamente svolta e, nel caso in cui non la rispecchi in maniera adeguata, è necessario aggiornarlo mediante comunicazione alla Camera di commercio.”
- Quindi, in realtà, coloro che di fatto vendono anche elettrodomestici potrebbero in linea teorica restare aperti anche se non avessero comunicato alla Camera di Commercio il Codice ATECO corrispondente in via principale ovvero secondaria.
- Tuttavia, l’Ufficio legislativo della Confederazione ritiene preferibile in via prudenziale dare una indicazione diversa: “posto il rischio derivante dalla possibilità che, in sede di controllo, le autorità si limitino a verificare la sola corrispondenza formale tra attività svolta, codici Ateco attribuiti e codici Ateco consentiti, riteniamo opportuno adeguare i codici attribuiti e, conseguentemente, non operare in mancanza di quelli corretti, come già suggerito nel corso della prima fase dell’emergenza”.
- Confcommercio evidenzia infine che, anche nel caso di cui alla lettera d), “gli operatori dovrebbero esporre unicamente gli elettrodomestici, togliendo tutto il resto”.
A conferma di questa interpretazione, il Capo di Gabinetto della Prefettura di Milano, rispondendo al nostro quesito su questo argomento ha chiarito formalmente quanto segue:
“la vendita dei prodotti di prima necessità elencati nell’allegato 23 è ammessa se l’esercizio è in possesso del relativo codice ATECO secondario e non risulti richiesta la specializzazione in un determinato settore di vendita”.
Pertanto, recependo le indicazioni ricevute, riteniamo possibile che un punto di vendita di articoli casalinghi con codice ATECO principale 47.59.20 possa restare aperto anche nelle zone rosse ricorrendo le seguenti condizioni:
- nel proprio assortimento merceologico vi siano elettrodomestici
- venga dichiarato alla Camera di Commercio il Codice ATECO secondario 47.19.20
- vengano posti in vendita unicamente gli elettrodomestici”
Ricordiamo che è sempre consentita la vendita con consegna a domicilio.
Ovviamente Confcommercio è a disposizione per ulteriori chiarimenti.