Brand Identity: intervista a Roger Botti, Robilant Associati

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Con Roger Botti, direttore generale di Robilant Associati parliamo di heritage marketing, come i brand possono raccontare i loro valori  in sinergia con il  punto vendita

In quanto esperto di Brand Identity, quali sono oggi per una marca i valori da condividere con i consumatori?

È nei momenti difficili che si riconosce un amico, e la marca oggi dovrebbe pensare come fosse una persona. Sincerità, onestà intellettuale, trasparenza e generosità sono le parole chiave. Una generosità che può anche non essere collegata a “convenienza”, infatti in questi momenti serve la vicinanza di prodotti “pensati per le persone”, non servono tagli prezzo fini a se stessi. Credo molto alla storia dei brand, ma in questo caso non mi sembra un valore, se non legato all’impegno e alla fiducia verso il futuro.

Come trasferire tali valori affinchè i consumatori trovino un reale rispecchiamento in essi?

Credo che oggi le marche di qualsiasi categoria debbano tornare a “fare il proprio mestiere”, dando importanza ai fondamentali, alla qualità vera. Chi fa pasta è un Pastaio, chi fa scarpe un Calzolaio, e lo deve fare bene, questo la gente vuole dai marchi. Il primo “Valore” è quello del “Lavoro”, quello che abbiamo scelto perché ci piaceva da ragazzi. Serve innovazione e lungimiranza, perché oggi il portafoglio prodotti, la sua segmentazione, lo stupore positivo che possono produrre, è il grande regalo che possiamo fare alle persone e loro ci regaleranno la loro fedeltà.

Le diverse generazioni, tra GenZ e Millennials, quanto sono legate ai brand di marca?

Credo che le nuove generazioni di cui tanto si parla abbiano bisogno di cose semplici, che purtroppo rischiano di mancare, come la fiducia nel futuro e il valore delle persone. Per una marca questi due aspetti si traducono nel “coraggio di innovare”, anche quando un test sembra non chiederlo, perché le grandi innovazioni del passato “non le chiedeva nessuno”, erano frutto della lungimiranza e passione di un imprenditore, erano il segno tangibile della fiducia nel futuro. Per avere l’attenzione delle nuove generazioni dovremmo tornare a dimostrare loro di fare progetti a lungo termine, che dimostrano l’interesse per il loro futuro, non per il nostro di cinquantenni al comando. Le persone che lavorano per una marca sono anche i primi “testimonial”.

E per quanto riguarda l’ambito domestico, su quali Valori devono puntare le Aziende del settore dal tuo punto di vista?

L’Italia è stata ed è il più importante paese del Design per la Casa, qui è nato l’Industrial Design domestico che ha ispirato l’Ikea, qui sono nati e hanno lavorato i Grandi Maestri che hanno per molti anni contribuito alla crescita della nostra “cultura visiva”. Quella cultura visiva che è parte fondante dell’Italian life style che tutti ci invidiano, che ha fatto nascere e crescere decine di grandi Brand del Design Italiano, che oggi sono diventati (quasi tutti) di nicchia, per pochi, e questo ne ha frenato molto la capacità di “diffusione” che avevano nell’animo. Mi piacerebbe pensare di rendere fruibili oggetti “del desiderio” che in più fanno parte della nostra cultura, e rischiano invece di rimanere come dei libri non più aperti. I giovani potrebbero ricongiungersi con il Design Italiano e anche scoprire che è stato la vera fonte di ispirazione del Marchio Svedese che tanto amano. 

Vorrei anche una tua opinione sull’interconnessione tra Brand e Retail, considerandola sempre in relazione con i consumatori…

La risposta ricorrente negli ultimi anni è stata che i negozi dovessero diventare “esperienziali”, per permettere un rapporto ricco e completo con le Marche, trasformandosi in luoghi di culto. Questo è anche avvenuto e in molti casi in modo innovativo e interessante, mixando le categorie, come nei cosiddetti “Concept Store”, introducendo la somministrazione, fino a trasformarsi in ristoranti bar, con la possibilità di acquisto, come i Feltrinelli Red, solo per fare un esempio. La vera differenza del retail tradizionale, rispetto agli acquisti on-line, possa solo passare attraverso il caro vecchio “servizio”, quello che abbiamo dimenticato perché legato alle persone, perché abbiamo cercato format che “andassero da soli”, pensando che le Marche e la comunicazione fossero la vera differenza e le persone in un negozio dovessero essere “sostituibili”. Oggi nei nostri negozi manca spesso il servizio competente che potrebbe essere la ragione per “andare in un posto” invece che rimanere a casa davanti al computer, cercando di diventare competenti senza riuscirci davvero, o peggio, pensando di esserci riusciti. Tutti noi, ad esempio, vorremmo trovare in ogni negozio un servizio Gift Pack degno di nota, che invece non troviamo da anni, se non raramente, e quando succede ne rimaniamo piacevolmente stupiti. Un maggiore investimento sulla qualità della “relazione vera”, credo potrà essere in futuro un buon progetto di Marca, perché alternativo alla “relazione finta” della rete. Oggi spesso “la vendita ha sostituito il progetto”, ma la gente ha bisogno di progetti.

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