I compleanni sono sempre momenti di gioia e celebrazione, ma le tredici decadi di Bellora non sono solo un’occasione di festa, bensì una sorta di trampolino di lancio per un brand che dopo essere diventato in Italia sinonimo di uno stile raffinato, sempre ai vertici della qualità e del gusto, vuole portare gli stessi valori in ogni parte del mondo. Una storia articolata e complessa, con momenti di grande successo e passaggi difficili e drammatici di radicale ristrutturazione. Tuttavia una storia che vede oggi il marchio di Fagnano Olona proiettato in una dimensione internazionale di grande importanza.
Centotrenta compleanni sono un bel traguardo per un’azienda che è il profilo ideale nel quale sintetizzare la media impresa storicamente manifatturiera del tessile italiano. Quasi un secolo e mezzo di attività per Bellora non significa solo celebrare un appuntamento importante con la propria narrazione ma, soprattutto, guardare con una certa soddisfazione a un’azienda che, con tutte le difficoltà che ci possono essere state – soprattutto dopo il passaggio di millennio – è stata in grado di rimanere nell’ambito dell’eccellenza, qualsiasi fosse il ruolo ricoperto in qualsivoglia periodo storico preso in esame nella sua vita. In poche parole quella di Bellora non è “una” storia tessile ma “più” storie tessili – almeno tre – che hanno come filo conduttore quel tigrotto che sta nel marchio, identificato con la raffinatezza e la qualità e il progressivo avvicinamento al consumatore finale degli ultimi anni.
Tre storie, una storia
Se per almeno un secolo l’azienda di Fagnano Olona percorre il campionato manifatturiero – cioè ha il “ferro”, così in gergo si chiamano i telai, e lo sa usare bene – giungendo a essere, negli anni 70, uno dei maggiori produttori europei di tessuto in lino, le ultime due decadi del millennio la vedono primeggiare nelle collezioni di prodotto confezionato, con una gamma di capi di biancheria per la casa fra le più sofisticate e decisamente belle della produzione nazionale ed europea. Tutto ciò grazie all’intuizione e alla volontà di Gianni Bellora, figlio del fondatore Giuseppe (l’azienda nasce nel 1883, ma esattamente cinquant’anni dopo Giuseppe Bellora si separa dai fratelli e fonda la società per azioni omonima). Diciamo che qui siamo già di fronte a due percorsi ben definiti ma, proprio nei primi anni del 2000, il mercato evolve con una rapidità inaspettata e l’azienda deve fare delle scelte, anche drammatiche, per sopravvivere ed evolvere. Verso la fine degli anni Ottanta entrò in azienda Giuseppe, figlio di Gianni, terza generazione tessile di famiglia (seguito da Lorenza negli anni Novanta che, fin da subito, si occuperà di stile e collezioni); dunque dopo il 2000 Giuseppe ha già acquisito una notevole esperienza, tale da poter essere protagonista dell’inizio della nuova storia di Bellora. Nel 2003 entra, come socio, il private equity Riello Investimenti e si attua un vero e proprio cambio di pelle: l’azienda imbocca la strada del retail aprendo una serie di boutique monomarca, portando l’insegna Bellora a contatto diretto col pubblico consumatore. Ora fermiamoci un attimo. Abbiamo parlato di tre storie tessili che si susseguono, ma il percorso che abbiamo descritto non è altro che quella sorta di corsa verso il consumatore che ha caratterizzato le vicende di molta parte del tessile d’abbigliamento italiano. Bellora è partito dall’alto della filiera industriale per scendere sempre più verso gli anelli finali, contigui al consumo. È un cammino che ha una peculiarità notevole: lungo tutto l’itinerario il marchio aziendale non è stato mai messo in dubbio nella sua valenza qualitativa, anzi, quando si è integrata una forte componente estetica, questa ha solo che esaltato e sottolineato una già solida fama. Ora, questi ultimi dieci anni di storia Bellora non sono stati certo semplici, perché si doveva continuare a fare bene il mestiere conosciuto ma, contemporaneamente, si doveva imparare – e in fretta – a far bene anche la professione del retailer, senza dimenticare che, nel frattempo (2007) Riello Investimenti esce dalla società e, a fianco di Giuseppe Bellora, entra il gigante tessile indiano Himatsingka, uno dei più grandi produttori mondiali di tessuti jacquard.