La strategia di retailing ha portato in questi dieci anni Bellora ad avere 22 negozi sul territorio nazionale – più un temporary shop sull’Isola Bella, Lago Maggiore – un negozio a Barcellona e uno a Kuwait City (inaugurato pochi giorni fa). È indiscutibile quindi che questa “storia” di Bellora abbia un solido futuro ma certamente ha rappresentato un cambio di anima aziendale davvero radicale: «Oggi posso guardare a questi ultimi dieci anni in modo soddisfatto – ci spiega Giuseppe Bellora, oggi amministratore delegato e vicepresidente della società – ma non posso nascondere che ci sono stati momenti molto difficili. Non dimentichiamoci che le scelte compiute erano indispensabili, e lo stato attuale del mercato lo dimostra senza dubbi, ma il passaggio per compierle è stato drammatico, l’azienda ha dovuto dismettere l’attività manifatturiera, abbiamo dovuto affrontare una ristrutturazione che ha comportato forti riduzioni del personale con tutti i drammi umani che ne conseguono in tali frangenti, e poi ci siamo trovati a dover fare un mestiere che conoscevamo poco. Ci sono state davvero tante notti insonni. Oggi però mi sento di poter dire che festeggiamo questo compleanno con orgoglio. Non solo perché la nostra tigre nel marchio è ancora vivace e combattiva ma soprattutto perché gli sforzi di questi anni ci hanno permesso di essere nella posizione di progettare un futuro di competizione internazionale partendo da un’esperienza già solida e importante. È questo il senso dell’evoluzione aziendale degli ultimi decenni: essere riusciti a mantenere alto il profilo tradizionale del marchio con collezioni che mantengono un grado di qualità senza compromessi e aver segnato uno stile preciso e riconoscibile. Direi quasi un linguaggio estetico che può essere letto, compreso e apprezzato, ovunque nel mondo. Mi sento di affermare che questo “mood Bellora” – consentitemi il termine – non è solo il frutto della capacità di Lorenza nel progettare le collezioni, ma è la sintesi della creatività e dell’esperienza acquisita in questi anni di retail, di dialogo stretto col consumo, dell’opportunità di cogliere le istanze del mercato fin nei suoi aspetti più diretti. Voglio dire che non abbiamo imposto uno stile al cliente finale applicando un atteggiamento di “conquista” del consumatore ma, al contrario, abbiamo sempre cercato conferme e motivazioni per rifinire e aggiustare l’orientamento della nostra proposta creativa mediante le finestre su strada che sono i punti di vendita. È stato un esercizio difficile, ma proprio per questo l’appuntamento con la celebrazione che abbiamo organizzato nelle giornate del Salone del Mobile è stata di vera gioia. Non abbiamo solo salvato un marchio storico del tessile italiano, abbiamo costruito il suo futuro».