Quindi, secondo lei c’è poco da condividere e poco da imparare…
C’è sicuramente molto da osservare, soprattutto dal punto di vista della distribuzione e della sua mutazione nel rapporto con il consumatore, ma soprattutto c’è un fattore molto importante da comprendere: riferendosi alla manifattura, qual è la collocazione della filiera italiana all’interno dell’economia globale. Qui ci sono senz’altro dei termini similari da esaminare. È indiscutibile che l’abbigliamento italiano, il Made in Italy come viene comunemente definito, negli ultimi anni ha abbandonato la fascia media e medio-bassa dell’offerta per collocarsi su target più alti, meno di massa ma a maggior valore aggiunto. Tale evoluzione non riguarda solo le griffe e le firme, ma anche la produzione di marca. Da questo punto di vista il percorso dell’arredamento tessile è molto simile. In fondo il nostro settore rappresenta una sorta di grande concentrazione dei migliori artigiani creativi del mondo e questo deve diventare sempre più il carattere di assoluta distinzione nei confronti della concorrenza internazionale. Deve essere il termine guida nella progettazione di qualsiasi strategia espansiva. Abbiamo tutti gli strumenti per eccellere in questo campo perché nessuno come noi italiani è capace di essere rapido, creativo e flessibile. Teniamo presente che ci sono caratteristiche molto specifiche per ogni paese europeo su come è stata affrontata l’evoluzione del comparto tessile: tedeschi e nord-europei in generali si sono orientati al tessile tecnico e stanno ottenendo ottimi risultati, i francesi si sono specializzati nelle acquisizioni di brand e nell’ottimizzazione di grandi catene distributive, gli spagnoli sono in grande sofferenza nel campo tessile e stanno perdendo importanti fette di mercato e i portoghesi giocano la loro partita su di noi proponendosi alle fasce medie con costi minori. A noi italiani quindi spetta di presidiare la fascia alta dell’offerta diventando sempre più riferimento per la qualità e l’esclusività delle nostro proposte creative unite a un servizio d’eccellenza.
Tutto condivisibile ma la realtà è che le aziende del comparto sono strangolate, come l’intera filiera produttiva italiana, e in più stiamo parlando di un settore che non promette volumi di fatturato giganteschi…
Andiamo con ordine. Ciò che le descrivevo prima è il piano ideale di collocazione del tessile d’arredamento italiano nel panorama mondiale. È chiaro che per realizzare un progetto del genere le aziende da sole non bastano, oltretutto stiamo parlando di un tessuto industriale fatto di medie imprese e non di giganti. Due sono le condizioni indispensabili che solo la politica deve risolvere: l’eccessiva tassazione dell’energia e la riduzione progressiva del cuneo fiscale sul costo del lavoro. Non c’è alternativa. Non mi piace lamentarmi, ma non posso esimermi da notare quanto gli ultimi anni di governo, indipendentemente dalle figure incaricate del ruolo, hanno visto una clamorosa assenza di politiche industriali e una particolare disattenzione proprio al nostro comparto. Dopo di che, però, le imprese devono mettersi in quest’ottica di ruolo, smettendola di rimpiangere volumi di produzione e facilità di business che facevano solo parte del passato remoto.