La Stampa romagnola, pratica artigiana di origini antichissime, si evolve incontrando il mondo della moda e quello dell’interior design. Ne abbiamo parlato con Egidio Miserocchi, Presidente dell’Associazione Stampatori Tele Romagnole
Tra le espressioni meno note del patrimonio artigianale italiano, la Stampa romagnola detta anche “a ruggine” è un’arte dalle origini antichissime, che si tramanda intatta fin dal tempo degli Egizi. Si presume, anche se non ci sono certezze, che intorno al XVII secolo si sia diffusa in Italia dallo Stato Pontificio fino alla Romagna, al tempo parte dei possedimenti ecclesiastici. Nata in contesti poveri come soluzione ingegnosa per riprodurre gli ornamenti dei tessili più raffinati, la “stampa a ruggine” si ritrova in molte civiltà di tutto il mondo ma, in Italia, è espressione di un territorio specifico: la Romagna.
Qui, in passato veniva utilizzata per adornare le coperte destinate al bestiame (le gualdrappe), in occasione di importanti festività religiose, che ne hanno fortemente influenzato l’iconografia povera, legata al mondo contadino. Nel tempo si è evoluta entrando a far parte dell’universo casalingo sostituendo i più costosi tessili aristocratici, con motivi decorativi raffiguranti spighe di grano, fiori stilizzati, combattimenti tra galletti, brocche di vino. Se questi caratteri tipicamente tradizionali sono cambiati, ad essere rimasta immutata è invece la tecnica produttiva.
Una tecnica artigianale rimasta inalterata nel tempo
La tecnica di lavorazione della stampa romagnola prevede che il tessuto venga battuto con stampi imbevuti nelle tinte naturali per poi trattarli con acqua bollente e cenere per fissarne i disegni ottenuti. Le matrici erano (e in genere ancor oggi, sono) per lo più in ciliegio, in sorbo, a volte in noce ma soprattutto in pero, un legno morbido, tipico delle campagne romagnole, adatto all’incisione e resistente ai colpi del mazzuolo. I disegni vengono creati su carta e poi impressi sul timbro, inciso con il sistema xilografico dei caratteri tipici degli artigiani con sgorbie e scalpelli.
Il color ruggine
Un tratto distintivo della stampa romagnola è la gamma cromatica, di norma ottenuta con gli ingredienti a disposizione. Il colore più caratteristico è il ruggine, ricavato dal ferro dolce, ossidato con aceto di vino, addizionato con solfato di ferro e legato con farina di frumento, il tutto bollito in paioli di rame. Il risultato è una pasta collosa che emana un intenso odore di aceto. Altri colori utilizzati sono Il verde e il blu, frutto di una moderna ricerca cromatica.
La stampa
Sistemata la stoffa grezza, cotone, canapa o lino, sul tavolo da lavoro, si sceglie lo stampo tra vari pezzi numerati, lo si appoggia sul tampone dove è stato sparso il colore e con mano ferma lo si preme sul tessuto per far sì che il disegno si imprima. A questo punto inizia la battitura: a seconda del ritmo più o meno veloce e regolare, il tessuto acquisirà quelle caratteristiche che lo rendono unico, esprimendo la personalità dell’artigiano che lo ha creato.
Dopo la fase di stampa, la tela riposa tutta la notte stesa ad asciugare su lunghe canne in ambienti caldi per poi essere immersa in un bagno composto da acqua bollente mista a cenere per fissare le decorazioni. È nel corso di questa fase che i toni bruniti virano verso il ruggine, il verde o il blu, rivelando la loro vera essenza. Il lavoro termina con la stiratura, effettuata con una grande ruota, il mangano, attivata manualmente che funge da leva spostando avanti e indietro un masso il cui fine è quello di compattare trama e ordito, rendendo il tessuto lucido e pronto per essere disposto sulla tavola.
Verso un futuro creativamente “contaminato”
Se, come abbiamo visto, le origini della stampa romagnola, affondano nel mondo contadino è vero che ultimamente questo tipo di stampa ha catturato l’attenzione di mondi diversi come quelli dell’interior design e della moda, Di questo e di molto altro abbiamo discusso con Egidio Miserocchi, Presidente dell’Associazione Stampatori Tele Romagnole e titolare della Stamperia “Miserocchi Egidio tessuti stampati a mano”.
Una tradizione che si evolve
Conosciamo la lunga storia della Stampa romagnola. Nel corso degli anni questa pratica artigiana si è evoluta o è rimasta inalterata nel tempo?
È vero, quella della Stampa “a ruggine” o romagnola è una storia lunga e affascinante. Ho avuto modo di visionare dei reperti di tessuto e blocchi di legno risalenti al mondo copto egiziano molto ben conservati, probabilmente grazie al clima asciutto e caldo. Alcune stampe molto antiche, presentano dei colori assai particolari, la cui composizione risulta ancor oggi misteriosa, si ipotizza una miscela di vegetali e oli. Per tornare alla sua domanda direi quindi che per quanto riguarda questa pratica artigiana sono cambiati i colori ma non la tecnica di lavorazione.
E sulla diffusione in Italia della stampa, cosa si sa?
Purtroppo da noi mancano documenti che ne certifichino lo sviluppo preciso. Riguardo i tempi antichi esiste un unico documento del 1400. Si tratta di un Editto di Sigismondo Malatesta con il quale egli imponeva delle tasse agli artigiani di Rimini impiegati nelle tintorie che con le stamperie avevano un rapporto molto stretto. Da quel periodo in poi non ci sono fonti che ci consentano di capire lo sviluppo della stampa. La cosa più antica che ho trovato è un documento del 1894 redatto da un certo Emilio Rosetti che contiene un’indagine sulle stamperie in Romagna. Innanzitutto specifica che le più antiche erano tintorie e questo la dice lunga sullo stretto legame tra tintoria e stamperia. Scrive inoltre che in quell’anno in Romagna esistevano 21 tintorie in provincia di Forli,15 a Ravenna, 9 nel Montefeltro romagnolo più altre sparse in piccoli centri del territorio per un totale di 250 operai che lavoravano in questo settore.
A cosa è dovuta la riscoperta di questa antica lavorazione?
Se parliamo dell’800 era un venire incontro alle esigenze delle popolazioni più povere. C’è stato un momento in cui i damaschi che provenivano dall’Oriente, i famosi damascati con draghi ecc., erano molto costosi e le classi meno abbienti non se li potevano permettere, così questi motivi decorativi eseguiti con un colore solo venivano fatti con la stampa romagnola, decisamente più economica. Era una lavorazione che si caratterizzava per linee grosse, spesse, dovute all’utilizzo su canapa cotoni lino degli stampi in legno di pero. Molto distanti dunque dai tessuti lavorati in Oriente e in India i cui disegni avevano tratti più definiti e fini. Al fascino di questa lavorazione, destinata come abbiamo detto alle fasce più popolari, non rimasero però indifferenti le classi più elevate. Mi è infatti capitato di visitare un palazzo nobiliare appartenuto a un conte le cui stanze erano totalmente tappezzate con stampa romagnola.
Dalla fine dell’800 in poi, inoltre, si è assistito ad un positivo rinnovamento riguardante i decori. Accanto ai classici simboli del mondo contadino come, galletti, spighe di grano, tralci di vite, gli stampatori hanno ripreso stilemi liberty, motivi delle chiese bizantine di Ravenna, oppure i fregi del Tempio malatestiano di Rimini. In tempi più recenti c’è stata poi la collaborazione con artisti, come Tonino Guerra, Dario Fo, Tinin Mantegazza che hanno realizzato disegni in seguito utilizzati da diverse stamperie per realizzare tessuti. Il passo successivo è stato l’incontro con la moda, che ha segnato l’ingresso della stampa romagnola su accessori per l’abbigliamento, scarpe, borse, sciarpe, foulard e vestiti.
Cosa ne pensa di questo incontro?
Lo trovo molto positivo. Se una pratica non evolve è destinata a scomparire o, se va bene, a finire in un museo. Collaborare con nuovi mondi stimola la creatività, la ricerca del nuovo, l’importante è che nel rinnovamento determinate caratteristiche rimangano inalterate.
Quali per la precisione?
Lo stampo, il battuto, in pratica la tecnica di lavorazione. L’associazione di cui sono Presidente serve proprio a salvaguardare questo aspetto. Possono farne parte solo quelle stamperie che si attengono a questa regola. Alcuni laboratori che utilizzavano la serigrafia non sono stati ammessi nell’associazione in quanto quest’ultima è una tecnica che non ha nulla a che fare con la stampa romagnola. Per quanto riguarda invece i colori e i decori, le singole stamperie hanno la totale libertà di innovare. Un atteggiamento che ad esempio vedo molto presente nelle giovani generazioni di stampatori che si avvicinano a questa antica pratica con molto entusiasmo.
Che altre finalità ha l’associazione che presiede?
L’associazione, che raggruppa 11 stamperie, è nata 27 anni fa per un motivo ben preciso: avevamo scoperto che grandi marchi del tessile, producevano all’estero in serigrafia i nostri prodotti, spacciandoli per vera stampa romagnola. Potendo fare poco contro queste grosse realtà del settore, abbiamo deciso di creare almeno un marchio di garanzia con il quale si attesta che il prodotto è stato fatto a mano. Abbiamo anche realizzato un opuscolo da dare ai nostri clienti con informazioni utili a comprendere il valore e le caratteristiche del prodotto acquistato.
A celebrare la collaborazione tra stampa romagnola e moda ci ha pensato una mostra dal titolo “Tradizione Futura. La stampa romagnola tra arte e mestiere” svoltasi lo scorso luglio presso la Fondazione Fashion Research Italy di Bologna che ha fatto tappa anche nel capoluogo lombardo durante Milano Home.
Che esperienza è stata?
La mostra voluta fortemente da Alberto Masotti, grande estimatore della Stampa romagnola che non finirò mai di ringraziare, è stata un’esperienza bellissima. Oltre a darci una grande visibilità ha cementato il rapporto tra noi stampatori. Certo già prima della mostra ci conoscevamo, ma dopo questa esperienza è iniziata una stretta collaborazione destinata, son sicuro, a durare.
Immagini della mostra “Tradizione Futura. La stampa romagnola tra arte e mestiere” svoltasi lo scorso luglio presso la Fondazione Fashion Research Italy di Bologna