Tanta voglia di brand

Dall’invisibilità all’affermazione del marchio

Per dare peso alle affermazioni dei manager nostri interlocutori è bene però dare qualche informazione su questa solida attività industriale. Stiamo parlando di una società per azioni a carattere familiare – nata nel 1933 – che opera su un ciclo produttivo completamente verticalizzato. Gli impianti di produzione, gestione, logistica e uffici, coprono circa 20mila metri quadrati – Tessitura a Lurago Marinone, tintoria, ricamificio e stamperia a Busto Arsizio centro, magazzino e uffici sempre a Busto Arsizio, ma in zona industriale – per un totale di oltre cento dipendenti. Uno degli elementi di eccellenza di quest’azienda è il magazzino automatizzato, capace di contenere oltre 18mila pezze e in grado di “trattare” oltre 300 pezze al giorno con una gestione totalmente affidata al computer. Mario Cavelli esporta il 40% delle sue collezioni nei principali mercati del mondo e ha un fatturato che si muove nel territorio dei dodici milioni di euro. Della tracciabilità abbiamo già detto, ma in ultimo aggiungiamo che l’impresa, per le sue collezioni “contract” in tessuti ignifughi antifiamma Classe 1 ha registrato un marchio – X-Fire – che ne garantisce la massima sicurezza. Detto tutto ciò ci aspettavamo, a parte le preoccupazioni congiunturali ovvie dovute al periodo, un’opinione ampiamente positiva rispetto al medio periodo. Invece… Invece Cristiano Cavelli ha messo subito in luce le grandi difficoltà che il mercato italiano attraversa, e non sono difficoltà – a suo parere – legate solo all’attuale crisi economica. «Il panorama distributivo nazionale del tessuto e del tendaggio è in una fase molto problematica – spiega il direttore commerciale. – In passato il tappezziere era una figura determinante della distribuzione e un punto di riferimento nel rapporto col consumatore. Oggi, per una serie di ragioni che non sono solo legate alla bassa disponibilità di spesa, questo rapporto si è sfilacciato, diradato. L’afflusso di clientela è calato pressoché uniformemente in tutte le regioni italiane e la gamma prezzi è sovente troppo alta per attrarre l’utente finale. Naturalmente è un quadro che non poteva che creare enormi problemi anche alla figura del grossista. Data questa situazione per il mercato italiano, noi ci siamo progressivamente spostati nell’ambito del contract per il tendaggio e nella tovaglieria – in questo campo principalmente per l’hotellerie e la ristorazione – riuscendo ad acquisire importanti quote di lavoro, ma quello che è il territorio classico della storica distribuzione di settore credo sia oggi un grosso punto interrogativo».

In questa situazione l’azienda di Busto Arsizio continua a esibire uno sforzo creativo immutato, che – per fare un esempio relativo al 2012 – si è concretizzato nella presentazione di oltre duecento nuove proposte nella collezione di maggio: «Questa azienda investe ogni anno tra il 5 e il 7 per cento del fatturato in ricerca e produzione di novità – ci spiega Franca Piombini – ed è uno sforzo non solo economico. Tutti invocano la razionalizzazione delle collezioni – belle parole – in realtà diventa quasi impossibile fare programmazione, le proposte si parcellizzano, la vita media di una collezione si accorcia, la divaricazione degli stili comporta la necessità di progettare “items” diversissimi fra loro e, non ultimo, il campo della ricerca non si limita più al solo alla decorazione ma si espande sulle performance del prodotto e, soprattutto, sui processi di finissaggio e nobilitazione successivi alla tessitura. In poche parole le variabili che determinano l’affermazione di una proposta si sono moltiplicate aumentando esponenzialmente anche le necessità d’impegno». «È proprio così – interviene Mauro Cavelli, presidente della società – oggi gran parte del risultato positivo di una presentazione non si gioca sull’estetica, ma sulla “mano” del tessuto. Il decoro, la sua declinazione cromatica e stilistica, sono caratteristiche date per scontate dal cliente mentre l’effetto tattile, soprattutto quando partiamo da fibre tessili non intrinsecamente naturali è il vero discrimine. E anche quando le materie non sono artificiali spesso la nobilitazione è indispensabile ad aumentare le risposte in efficienza del tessuto».

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