Italia naturale, estero decorativo, “contract” minimale
In effetti il panorama descritto impone alle imprese uno sforzo davvero importante e molto articolato per organizzare le collezioni in modo da essere stimolanti e facilmente leggibili. Su questa semplicità di lettura l’azienda bustese punta molto:«i nostri campionari, per esempio, sono il frutto di un lavoro lungo e complesso – spiega Cristiano – quasi maniacale. Per noi le fotografie d’ambiente sono una caratteristica fondamentale e una sorta di biglietto da visita imprescindibile. Devono essere perfette. Tenente presente che la realizzazione di un campionario ci impegna per settimane e settimane e la realizzazione delle immagini è il centro focale di tutto il lavoro. In realtà questo è un esempio della strada che sono certo dobbiamo intraprendere per il futuro, anche quello più vicino. Il nostro comparto sta cambiando: se anche solo poco tempo fa non c’era necessità di visibilità e di affermazione del marchio per un’azienda come la nostra collocata nella parte alta della filiera, già oggi è tutto diverso. È vero, noi facciamo del semilavorato, non potremo mai prescindere da un passaggio finale attraverso un artigiano installatore per le tende o un produttore di mobili per gli imbottiti però, in qualche modo dobbiamo trovare la strada per rendere il nostro marchio una marca. È troppo importante rendere tangibile la differenza tra i nostri prodotti e quelli che giungono, incontrollati, da una importazione per la quale l’unico valore è l’esasperata battaglia del prezzo. Noi abbiamo un imperativo: far conoscere a chi è utilizzatore finale la differenza fra una tenda prodotta in Italia e una proveniente dalla Turchia, dalla Cina o da qualunque altro posto. Non mi interessa demonizzare nessuno ma solo avere la possibilità di confrontarsi ad armi pari. Per questo noi vogliamo metterci “la faccia”, cioè diventare un brand riconoscibile fino al termine della filiera, in modo da poter spiegare e difendere le scelte di strategia merceologica e gli indirizzi di valorizzazione che perseguiamo. La certificazione di tracciabilità è solo il primo passo in questo senso».
Tutto chiaro, negli intenti e nelle azioni intraprese, ma entrando nello specifico delle collezioni, quali sono le tendenze sulle quali Cavelli ha puntato per quest’anno?:«Diciamo che per il mercato italiano – interviene Franca Piombini – vale ancora un’interpretazione molto naturale delle materie. Soprattutto lini e cotoni, e in seconda battuta le sete. Le lavorazioni di tessitura si alternano fra trame evidenti e tridimensionali e motivi meno visibili e minimali. Oltre alle tinte delle gamme naturali, sono ancora vincenti le coloriture terra e c’è sicuramente un certo rinforzo del colore tutto da verificare però sulla presa del pubblico. Il ricamo ha sempre una sua quota di estimatori che si muove preferibilmente nel territorio del classico, mentre la lavorazione moderna è gradita solo se è molto particolare e non eccessiva. Tutto diverso l’approccio estetico per l’esportazione. Soprattutto per i paesi dell’Est Europa è un vero trionfo del decoro: forte e visibile, quasi ridondante. Piacciono i motivi grandi e importanti. I devoré fitti e visibili, spesso anche in versione “negativa”. Nel “contract”, invece, sono banditi gli eccessi perché è invocata la massima flessibilità di cartelle cromatiche e dei motivi grafici, difficilmente si esce dal solco del colore/non colore salvo che per progetti specifici guidati da architetti con gusti decisi: in realtà poi tutto si gioca sulla variabile prezzo e sulle garanzie qualitative e performanti della collezione. Infine c’è il settore del tovagliato. Qui l’argomento è chiaro: lavoriamo nel campo dell’ospitalità e della ristorazione quindi i campionari sono di più semplice progettazione. Indiscutibilmente tutto jacquard, con quattro o cinque temi di decorazione – dall’unito al grande disegno tono su tono – tutti coordinabili fra loro, per una cartella colore ampia e ben declinata. Nella ristorazione la tavola è molto vestita e quindi il tessuto ha un ruolo ancora importante, è quindi un mondo dal quale possiamo trarre parecchie soddisfazioni»